Patrimonio mondiale in quanto scenario paleontologico unico al mondo: è questo il valore principe su cui si costruirà la candidatura Unesco della Val d’Alpone. Lo si capisce leggendo le considerazioni che compaiono nell’atto costitutivo dell’associazione temporanea di scopo «Faune, flore e rocce del Cenozoico nella Val d’Alpone» e nelle delibere dei Comuni aderenti: è qui che si evidenza «il carattere di pregio del paesaggio e della Valle d’Alpone, delle rocce vulcaniche che racchiudono numerosi giacimenti paleontologici dell’Eocene», e di queste aree come «luoghi di eccezionale valore universale». Quello della Val d’Alpone è un vero e proprio «paesaggio culturale», così come è definito dalla Convenzione Unesco (Parigi, 1972) relativamente a quei «siti che sono originati dalla combinata attività dell’uomo e della natura». Sono qui le «rocce vulcaniche e sedimentarie marine che racchiudono numerosi giacimenti paleontologici dell’Eocene, tra cui quelli di Bolca», località i cui fossili sono noti fin dal Cinquecento. «La grande biodiversità e l’eccezionale conservazione, specialmente dei pesci rinvenuti nelle due località più rappresentative di Bolca, la Pesciara e il Monte Postale, ne fa il giacimento più ricco al mondo», si legge nel testo del documento che evidenzia come «il patrimonio paleontologico della valle, che è conservato in alcuni piccoli musei locali e nei principali musei italiani, europei ed extraeuropei, ha un importante ruolo nella storia della scienza». Date le premesse (che sono solo una sintesi limitata all’aspetto paleotologico scelto come criterio idoneo a definire l’unicità della zona), la conclusione è che la Valle d’Alpone sia a tutti gli effetti una delle «località fossilifere più importanti al mondo, in particolare per quanto riguarda l’Eocene marino e terrestre». Abbastanza, insomma, per definirla patrimonio mondiale dell’umanità. P.D.C.