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Dopo la strage di Parigi

«Verona non è terreno fertile
per il terrorismo islamico»

Lo studio di «Diretta Verona»
Lo studio di «Diretta Verona»
Lo studio di «Diretta Verona»
Lo studio di «Diretta Verona»

«Il terrorismo di matrice islamica integralista? Le menti degli attentati degli ultimi anni sono persone nate in Europa, immigrati di seconda o terza generazione. A Verona non ci sono segnali per affermare che ci sia terreno fertile per cellule di questo tipo». E’ contro l’allarmismo dilagato nei giorni seguiti alla strage di Parigi Silvano Filippi, segretario veneto del Siulp, il sindacato italiano dei lavoratori della Polizia di Stato, che dallo studio di Telearena, durante «Diretta Verona», la trasmissione condotta da Mario Puliero con la partecipazione del direttore de L’Arena Maurizio Cattaneo, lancia un messaggio chiaro ai veronesi: «Non diamola vinta ai terroristi: non militarizziamo le nostre piazze, non limitiamo la nostra libertà. Piuttosto, per combatterli, coltiviamo le intelligenze dei nostri giovani».

Il problema, infatti, è arginare la possibile deriva dell’ondata di sdegno provocata dagli attentati nella capitale francese: la paura che tra gli immigrati o gli stranieri residenti nel nostro Paese, che si ritrovano a pregare nei numerosi centri culturali islamici della provincia (solo due, in Italia, sono le moschee riconosciute, a Roma e a Milano, ndr) si possano nascondere potenziali terroristi.

«Il problema non è nelle moschee», chiarisce subito l’imam di Verona Mohamed Guerfi, «ma su internet, dove ai giovani viene fatto il lavaggio del cervello. In ogni caso dentro e fuori dalle moschee noi musulmani siamo i primi a vigilare e a segnalare eventuali movimenti o persone sospette».

E dal canto loro, i cristiani come rispondono? «Papa Francesco è stato chiaro dicendo: “La Chiesa non mette porte blindate“, spiega monsignor Bruno Fasani, prefetto della Biblioteca Capitolare. «Non ha paura del diverso, insomma. E noi non alzeremo mai muri di odio». «Pur nelle reciproche differenze», precisa l’imam, chiamato ieri sera a spiegare la non semplice posizione dell’Islam nei confronti delle derive estremiste. «Quelli non sono martiri di guerra, ma criminali», sbotta deciso. «L'Islam non ammazza in nome di Dio, anzi predica di vivere in nome di Dio». Ma monsignor Fasani non ci sta: «Al di là della condanna delle stragi da parte degli imam, vorremmo vedere tutto il mondo musulmano scendere in piazza compatto per prendere le distanze».

E se in Europa c’è il rischio che dilaghi la xenofobia, non è da meno il mondo arabo. Basta sentire le parole di monsignor Mario Zenari, il veronese nunzio apostolico in Siria, in collegamento telefonico: «Le bombe degli occidentali? I siriani, nella mentalità comune, le vivono come una nuova crociata da parte dei cristiani». Conferma, poco dopo, la giornalista di Al Jazeera, collegata dal ristorante 12 Apostoli, alla quale proprio ieri sera è stato consegnato a Verona l'omonimo premio: «Anche il mondo arabo considera l’Isis come un cancro», sottolinea. «Normale che in Italia faccia più impressione la strage in casa dei “cugini“ francesi. Come televisione araba, noi diamo uguale valore a tutte le vite. E l’Isis ha fatto il maggior numero di vittime proprio tra gli arabi: 43 morti giovedì a Beirut, qualche settimana fa oltre un centinaio ad Ankara. Ma non ci sono bombe "pulite", l'Occidente forse questo non lo considera. E non considera le numerose vittime civili che questi comportano. Il risultato? L’impatto delle bombe “indiscriminate“ sulle città siriane crea astio nei confronti dell’Occidente».

Sarà anche per questo che Ettore Mo, lo storico inviato di guerra del Corsera, dai locali del 12 Apostoli chiosa: «E’ verosimile che tutto questo odio sfoci in una nuova guerra».

Elisa Pasetto

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