<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Un flop lungo 30 anni
spesi centinaia di milioni

L’impianto di Ca’ del Bue: i forni sono stati accesi per pochi mesi
L’impianto di Ca’ del Bue: i forni sono stati accesi per pochi mesi
L’impianto di Ca’ del Bue: i forni sono stati accesi per pochi mesi
L’impianto di Ca’ del Bue: i forni sono stati accesi per pochi mesi

Parte la nuova stagione di Ca’ del Bue, un impianto che avrebbe produrre energia distruggendo i rifiuti e che invece ha portato a uno spreco di centinaia di milioni di euro e da trent’anni è un flop. Risale infatti al 1986 l’incarico dell’allora sindaco Sboarina ad Agsm di sviluppare il piano dell’inceneritore alle Basse di San Michele. Dieci mandati amministrativi, di colore politico diverso, con sei sindaci. Era il 1986 quando l’allora sindaco Gabriele Sboarina incaricava l’Agsm di sviluppare il progetto del termovalorizzatore di Ca’ del Bue, a San Michele Extra, al confine con San Martino Buon Albergo, San Giovanni Lupatoto e Zevio, sempre in prima linea contro l’impianto per il timore dei fumi. Sono passati 30 anni e il termovalorizzatore - che funzionò solo dal 2003 al 2006, con i vecchi forni a letto fluido - non si farà più, con i forni a griglia che l’azienda spagnola Urbaser, del presidente del Real Madrid Florentino Peres, aveva progettato con un project financing.

Urbaser aveva previsto un investimento di 130 milioni, per installare i forni nuovi e gestirli per 25 anni. Costruire l’impianto è costato 250 miliardi di vecchie lire, vale a dire circa 125 milioni di euro. Progettato con soluzioni sperimentali da un pool di Agsm e realizzato poi da un raggruppamento d’impresa guidato da Ansaldo, l’appalto era finito dentro il ciclone Tangentopoli. L’impianto è terminato nel 1998. Dopo intoppi ai forni a letto fluido, che si sono rivelati inadeguati per bruciare il combustibile derivato dai rifiuti anche perché nel frattempo, con la raccolta differenziata, la tipologia di immondizia era cambiata, è stato riattivato nel 2003 (Amministrazione Zanotto) andando a singhiozzo fino al 2006, ma costava un milione di euro al mese mentre Brescia con i ricavi dell’inceneritore riesce nel frattempo a realizzare addirittura la metropolitana. E così i forni vengono chiusi e l’impianto funziona soltanto nella prima parte, quello dello smaltimento e trattamento dei rifiuti, senza combustione. Il progetto per i nuovi forni non va avanti e da qui nasce la decisione: sviluppare al meglio le potenzialità di riciclo e recupero: Ca’ del Bue diventerà una specie di maxi isola ecologica con produzione di biometano in grado anche di rifornire i mezzi pubblici. Verrà prodotta inoltre anche energia elettrica. Resta un problema: Ca’ del Bue viene riconvertito e non brucerà rifiuti ma le discariche dovranno continuare ad esistere.

Suggerimenti