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ricerca medica

Tumori del pancreas
La frontiera di cura
è targata Verona

Una sala operatoria
Una sala operatoria
Una sala operatoria
Una sala operatoria

Si apre un nuovo capitolo nella lotta ai tumori neuroendocrini del pancreas, tra i più frequenti tumori neuroendocrini con una mortalità del 60% e, secondo gli oncologi, il problema clinico più importante tra queste neoplasie. Un team internazionale multicentrico coordinato dal team veronese di Arc-Net, centro di ricerca Università di Verona e Azienda ospedaliera universitaria integrata, diretto dall’anatomopatologo Aldo Scarpa, ha sequenziato il genoma di questi tumori e ne ha decriptato il panorama delle mutazioni genetiche.

 

La scoperta consentirà di indirizzare lo sviluppo di specifiche terapie che vadano a contrastare le diverse tipologie di alterazioni individuate. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica internazionale «Nature». Lo studio è stato realizzato grazie alla collaborazione con la biobanca di Arc-Net diretta dalla ricercatrice Rita Lawlor, con i clinici dell’Istituto del pancreas dell’Aoui diretto da Claudio Bassi e dell’Oncologia universitaria diretta da Giampaolo Tortora, il gruppo di Andrew Biankin di Glasgow e quello australiano coordinato da Sean Grimmond. Ha, inoltre, collaborato Angelo Paolo Dei Tos, anatomopatologo dell’azienda ospedaliera di Treviso. Gli scienziati hanno lavorato su 160 tumori neuroendocrini del pancreas, del tipo «ben differenziato», ovvero i più frequenti ma potenzialmente curabili data la lentezza del loro sviluppo. Si tratta di neoplasie che hanno un comportamento clinico imprevedibile per gli oncologi poichè variano dal benigno all’altamente maligno.

 

«Il lavoro - ha spiegato Aldo Scarpa - risponde alla necessità di comprendere l’aggressività dei singoli Net del pancreas. Questo per orientare il chirurgo e l’oncologo nella scelta del più corretto intervento clinico da cui dipendono la sopravvivenza a lungo termine e la qualità di vita dei pazienti». «Grazie ai risultati del nuovo studio - ha aggiunto - saremo in grado di suddividere i pazienti che possano trarre beneficio da una terapia aggressiva come chemioterapie, chirurgia e radioterapie, da quelli che, invece, non ne hanno bisogno limitando, così, il danno che deriverebbe da una terapia troppo aggressiva».

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