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Trattoria, negozio e bar-ritrovo
Lì si racconta la vita del paese

Passando per la strada che da Valgatara conduce a Marano di Valpolicella, è impossibile non notare la palazzina a tre piani anni Trenta che ospita la trattoria Agnella.

Davanti ad una delle tre porte al piano rialzato, oggi chiuse dai sigilli del sequestro, campeggia un’insegna nera con scritta bianca: la trattoria che porta il nome della contrada in cui si trova. Una trattoria Agnella dove da sempre si mangia buona carne, ma soprattutto agnello fatto dal proprietario Luciano Castellani che dalla famiglia aveva ereditato una grande passione per la ristorazione. Un ambiente semplice, dove respirare l’aria delle vecchie trattoria di una volta. L’aveva tenuta come in passato, Luciano, con i mobili e le finiture d’un tempo, seppur con qualche piccolo ammodernamento, e un menù di pietanze tipiche. «Andavo tutti i giorni a fare un giro a trovare Luciano e il gruppo di amici di sempre alla trattoria» racconta Renzo Spada, storico calzolaio di Prognol, contrada a pochi chilometri dall’Agnella. «La trattoria è un luogo dove da sempre si mangia carne buona, è una tradizione famigliare. La famiglia Castellani e in particolare i fratelli della mamma di Luciano, anche lei una Castellani come il padre, erano commercianti di bestiame; tutt’oggi i loro discendenti sono proprietari della macelleria del paese. In passato la trattoria era il luogo di ritrovo il lunedì dopo pranzo di chi voleva vendere e acquistare la carne che proveniva dal mercato di Verona».

La palazzina a tre piani di proprietà della famiglia Castellani risale al 1935 e Luciano, classe 1944, è nato proprio lì, al primo piano, dove tutt’oggi risiedeva e dove è stato brutalmente ucciso.

«La famiglia Castellani prima di costruire quella casa possedeva già un’osteria ed un negozio proprio di fronte a casa mia a Prognol», prosegue Spada. «Dopo averla costruita vi hanno aperto una trattoria e un negozio di generi alimentari oltre che di tabacchi. Tutt’oggi Luciano aveva conservato intatta la tradizione mantenendo la trattoria e la rivendita di tabacchi». Oltre che una trattoria, era un luogo di ritrovo per un gruppo di amici di paese, rimasta un’osteria antica di una volta dove la gente si ritrovava a giocare a carte, a scopa o tressette, o dopo cena per chiacchierare e guardarsi le partite di calcio. Luciano era un grande sostenitore della Juventus e anche l’altra sera prima di chiudere il locale si era goduto in compagnia la vittoria della sua squadra».

«Quando si entrava nella trattoria era molto probabile che si venisse raggiunti da un piacevole profumo di carne alla brace, nella cui arte il proprietario era uno specialista», racconta il cugino di secondo grado omonimo, Luciano Castellani. «La trattoria era il luogo dove andavamo a prendere la coscia di agnello quando eravamo giovani, ma nel negozio, sulla strada principale che da Valgatara portava a Marano, si vendevano anche alimentari e tabacchi. Per Luciano era la classica casa-bottega, anche perché appena entrati, a lato del bancone, c’era una lunga scala, di quelle di una volta, che conduceva alle camere al piano superiore. Lui da lì ogni sera, dopo avere chiuso dietro di sè le porte del locale, saliva a ristorarsi e dormire».

E conclude: «La trattoria era la sua casa».

«Lui sapeva fare molto bene il suo lavoro, ma dava poca confidenza. Il suo unico divertimento era la sua trattoria», dice Spada. «Se un avventore sconosciuto fosse entrato la sera prima del tragico omicidio, avrebbe trovato Luciano dietro il bancone, come il suo solito, silenzioso, di poche parole, qualche avventore in piedi al bancone a sorseggiare un bicchiere di “bianchetto” e le persone sedute ai tavoli a giocare a carte o guardare la partita. E proprio quella sera Luciano come al solito ha chiuso le porte, per l’ultima volta, ed è salito le scale andando incontro al destino».

Agnese Ceschi

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