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Strangola il padre, poi
si consegna ai carabinieri

La cassetta della posta dell’abitazione di Bruno Tommasi a CerroLa casa della famiglia Tommasi a Cerro Veronese. Nel riquadro Bruno Tommasi, la vittima FOTOSERVIZIO DIENNE
La cassetta della posta dell’abitazione di Bruno Tommasi a CerroLa casa della famiglia Tommasi a Cerro Veronese. Nel riquadro Bruno Tommasi, la vittima FOTOSERVIZIO DIENNE
La cassetta della posta dell’abitazione di Bruno Tommasi a CerroLa casa della famiglia Tommasi a Cerro Veronese. Nel riquadro Bruno Tommasi, la vittima FOTOSERVIZIO DIENNE
La cassetta della posta dell’abitazione di Bruno Tommasi a CerroLa casa della famiglia Tommasi a Cerro Veronese. Nel riquadro Bruno Tommasi, la vittima FOTOSERVIZIO DIENNE

«Ho fatto una cazz..., ho strangolato il papà. Vieni su, ho già chiamato i carabinieri». Sono le 12 e 38. Corrado mette giù il telefono prima ancora che il fratello Luciano possa rispondere: quando quest’ultimo arriva nella villetta di via Musatti, trova il padre Bruno a terra, senza vita, e i militari che portano via Corrado. «Ma cosa hai fatto?!», fa appena in tempo a dirgli.

L’ASSASSINIO. Sono le cinque del pomeriggio quando il signor Luciano esce di casa. I carabinieri se ne sono ormai andati. Lo sguardo è perso nel vuoto: «Mio fratello ha ucciso mio padre», dice con un filo di voce. A strangolare l’ottantenne Bruno Tommasi, con il cavo di una prolunga elettrica, sarebbe stato il figlio Corrado, 49 anni: ha chiamato il 112 subito dopo la morte del papà. Abitavano appena prima del centro di Cerro Veronese, ai piedi del monte della Croce, sotto la chiesa del Cristo Redentore. Corrado badava al padre e alla mamma Leonella, entrambi afflitti da problemi di salute, che si erano aggravati con il passare degli anni. Ma anche il 49enne non stava bene: era seguito dal reparto di Psichiatria e periodicamente scendeva a Marzana per le terapie. Quasi ogni giorno, invece, Bruno si faceva accompagnare dal figlio in macchina, «per fare un giro». Ieri mattina erano già stati fuori assieme, ma subito dopo pranzo il padre avrebbe chiesto a Corrado di uscire ancora. Sono scesi in garage ed è lì che l’anziano è stato ucciso: strozzato con una prolunga, è crollato a terra senza vita di fianco alla Fiat Idea del figlio. Poi Corrado Tommasi è tornato in casa, per chiamare i carabinieri e il fratello.

«VENITE A PRENDERMI». Già nelle prima telefonata si sarebbe addossato la responsabilità del delitto. I carabinieri (presenti quelli della compagnia di Verona, quelli di Roverè e la Scientifica), l’hanno arrestato con l’accusa di omicidio e poi hanno effettuato i rilievi tecnici del caso. Il sostituto procuratore Marco Zenatelli ha disposto il sequestro del garage, mentre la salma di Bruno Tommasi è stata portata a Borgo Roma, in attesa dell’autopsia. Tutto in silenzio: i vicini si sono accorti a malapena di quello che stava succedendo.

«NON ERA VIOLENTO». Luciano è il fratello maggiore di Corrado. «Quando mi ha chiamato non ho avuto nemmeno il tempo di realizzare quello che mi stava dicendo», racconta. Luciano dopo quella telefonata è partito dalla sua casa ai Bellori, dove fino a una quindicina di anni prima abitavano anche i genitori e il fratello. I tre avevano sempre vissuto assieme: Corrado, nonostante i suoi problemi, si occupava di tutto, per i suoi genitori. Almeno dal lunedì al venerdì, quando Luciano lavorava. «Ultimamente l’avevamo visto stanco, avevamo anche pensato di prendere una badante». Ma non c’era stato alcun segnale di pericolo: «Magari qualche discussione, cose normali in tutte le famiglie. Ma Corrado non aveva mai alzato le mani». È ormai buio, la compagna di Luciano lo chiama: la madre si è affacciata alla porta. Il figlio la abbraccia e la riporta dentro. Leonella ha sentito la telefonata di Corrado, per fortuna non ha visto il corpo del marito. In un attimo, ha perso tutti e due.

Riccardo Verzè

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