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Sostegno alla Bisinella,
nel Pd sale la tensione

I tormenti di Pd e dintorni continuano, dopo la sconfitta al primo turno. E si aggiungono lotte interne. Che si portano anche fuori, tra gli elettori. La direzione provinciale e l’assemblea cittadina del partito hanno approvato un documento - come L’Arena ha riferito nei giorni scorsi - in cui si invita al voto, al ballottaggio, in libertà di coscienza. Si sottolinea che il Pd si pone in discontinuità con l’amministrazione Tosi. Ma poi si prendono nettamente le distanze dalla Lega Nord guidata da Salvini, in coalizione per il candidato sindaco del centrodestra Federico Sboarina.

I dirigenti del partito hanno spiegato che questa presa di distanza politica dalla Lega «xenofoba e lepenista» non è un implicito sostegno all’ala tosiana. Peraltro invece già caldeggiato dal sindaco di Pesaro e responsabile del Pd per gli enti locali, Matteo Ricci. Il quale ha detto che il Pd - a maggioranza renziana - non può non tenere conto del sostegno dato da Tosi al «Sì» al referendum costituzionale. Intanto però esponenti del Pd hanno già cominciato, più o meno sotterraneamente, un lavorio pro-Bisinella. Telefonate, sms, anche incontri e aperitivi organizzati tra iscritti ed elettori del Pd - che al primo turno avevano votato per Orietta Salemi - e la Bisinella. Ma ci sono anche iscritti ed elettori del Pd che aborrono l’ipotesi di dare voti alla Bisinella, compagna del sindaco, dopo dieci anni di Pd all’opposizione di Tosi. Anche in questo caso girano e-mail in cui si contesta l’appoggio, pur se in caso di vittoria della Bisinella dovessero arrivare compensazioni al Pd in termini di posti nell’amministrazione o nomine negli enti. Magari in vista di un accordo nazionale di Tosi con il Pd per le elezioni politiche del 2018.

Ci sono vari fronti dunque nel Pd scaligero, che ha contribuito con quasi il 16 per cento al 22,48 preso dalla Salemi, mentre la lista Verona Civica Salemi sindaco ha preso il 5,07 eleggendo un consigliere e ha detto di andare a votare ma senza dare indicazioni. L’altra lista, Eppur si Muove, si è chiamata fuori dal ballottaggio. I dirigenti hanno però rimarcato che il Pd è un partito e quindi deve prendere una posizione; da qui il documento.

La ruggine però, com’è normale dopo la sconfitta, si allarga. Con i primi segnali di belligeranza. Al nostro giornale è arrivata una nota di Giorgio Furlani, consigliere uscente del Pd nella Sesta circoscrizione (Borgo Venezia) che chiede le dimissioni del segretario provinciale Alessio Albertini e della cittadina Salemi, che peraltro le hanno già annunciate. «Sono doverose, avendo fatto di tutto per farci perdere l’unica occasione di arrivare al ballottaggio e, chissà, anche più in là», scrive. «A sei mesi dalle elezioni litigano con il bravo capogruppo comunale Bertucco che si era speso su temi difficili e rischiosi», aggiunge. «Sfumate tutte le ipotesi di candidatura a sindaco non hanno saputo chiudere sull’investitura di Trevisi, che in quel momento rappresentava l’unica figura in grado di tener insieme tutto il centrosinistra e che probabilmente ci avrebbe fatto vincere. Nelle liste Pd hanno candidato persone che hanno portato al partito poche decine di voti, lasciandone fuori altre che nelle elezioni passate ne avevano totalizzati centinaia. Ora», spiega, «non sanno più da che parte girarsi davanti alla sponsorizzazione di Tosi da parte di Ricci. Ci stanno chiedendo di rimangiarci 10 anni di impegno per il territorio dove il Pd è diventato primo partito in cinque circoscrizioni su otto».

Enrico Giardini

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