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La polemica

Slogan #sposachivuoi
censurato, proteste
«Si viola la legge»

La polemica
Lo slogan #sposachivuoi esposto all’Arsenale per «Verona sposi» e che ha scatenato la bufera politicaL’assessore Francesca BrianiVincenzo D’Arienzo, Pd
Lo slogan #sposachivuoi esposto all’Arsenale per «Verona sposi» e che ha scatenato la bufera politicaL’assessore Francesca BrianiVincenzo D’Arienzo, Pd
Lo slogan #sposachivuoi esposto all’Arsenale per «Verona sposi» e che ha scatenato la bufera politicaL’assessore Francesca BrianiVincenzo D’Arienzo, Pd
Lo slogan #sposachivuoi esposto all’Arsenale per «Verona sposi» e che ha scatenato la bufera politicaL’assessore Francesca BrianiVincenzo D’Arienzo, Pd

Monta la polemica su «Verona sposi», dove uno dei 70 espositori, una wedding planner con esperienza anche nell’organizzazione dei “same sex wedding”, i matrimoni tra persone dello stesso sesso, si è vista costretta a rimuovere dallo stand lo slogan della sua attività, #sposachivuoi, perché poco gradito dal Comune, che ospita la manifestazione in uno degli spazi di sua proprietà, l’ex Arsenale. Contro quello slogan si era espresso duramente il «Popolo della Famiglia».

 

Per l’assessore alla Cultura Francesca Briani «Verona è e resta la città dell’amore, che nessuno mette in discussione», assicura, «tutta la Giunta è di ampie vedute, ma questioni che toccano così l’aspetto etico andavano concordate preventivamente con l’organizzazione. Se ci avessero messo al corrente per tempo, ne avremmo discusso, trovando una via d’uscita».

La Lega Nord ha preso le difese del sindaco Sboarina e della Giunta e plaude all’intervento dell’assessore Neri. «Le trovate di marketing non possono affossare i valori. Bene ha fatto l’assessore Neri a frenare l’allestimento di uno stand che rischiava di trasformarsi in propaganda relativista a favore di altre unioni che nulla c’entrano con la famiglia composta da mamma e papà», chiosa il capogruppo leghista Vito Comencini.

 

«Basta con questi talebani», contrattacca invece Vincenzo D’Arienzo, deputato uscente del Partito democratico. «Il pregiudizio di Sboarina verso ogni forma di convivenza e unione trasforma Verona in una realtà talebana ove vige solo il suo dogma».

«Vorrei ricordare», sottolinea il collega deputato del Pd Diego Zardini, «che le unioni civili sono legge dello Stato e, come tale, la materia che trattano è soggetta alla libertà imprenditoriale e alla concorrenza leale». Gli fa eco Federico Benini, sempre del Pd: «Evidentemente il sindaco non sa che nel Comune che lui amministra si celebra più di un’unione a settimana tra persone dello stesso sesso». Per Alessia Rotta è «L'ennesima contraddizione di un'amministrazione che non ha alcun problema a patrocinare Fortezza Europa, ma se si tratta di diritti (stabiliti dalla legge) finisce persino per censurare le iniziative imprenditoriali dei suoi cittadini

 

Per l'ex sindaco Flavio Tosi: «Che un’amministrazione comunale, com’è successo a Verona all’ex Arsenale, arrivi a censurare un’azienda di wedding planner, danneggiandola, solo perché promuove le unioni civili è inconcepibile. Non è accettabile che un Comune imponga agli organizzatori di una manifestazione di togliere ciò che non è gradito alla persona dell’avv. Federico Sboarina. L’orientamento politico, che sia reale oppure ostentato per ragioni di puro tornaconto elettorale, non può mai prevaricare la libertà delle persone, per di più violando la legge». 

 

L’imprenditrice Silvia Cassini, wedding planner, creatrice dello slogan #sposachivuoi finito al centro delle polemiche, dopo le pressioni dell’assessore Neri, ribadisce la libertà d’impresa: «Ho tolto tutti i cartelli con lo slogan ma resto convinta di non aver fatto nulla di sbagliato. I matrimoni civili sono legge dello Stato. Sono cattolica praticante ma non vedo niente di male in quello che sto facendo». 

 

LA CONTROREPLICA DEL COMUNE

Di nuovo l'assessore Briani: “A parte la grande pubblicità gratuita che qualcuno ha ottenuto da tutta la vicenda, non vedo quali altri notizie ci siano attorno alla fiera ‘Verona sposi’ che si è tenuta all’Arsenale. Sono infatti solo polemiche strumentali tutte le posizioni avanzate su una presunta censura del Comune nei confronti della manifestazione e dello stand ‘Sposa chi vuoi’. Se davvero il Comune avesse voluto censurare, avrebbe revocato la concessione data ad una società privata dietro pagamento del regolare canone di affitto. Si tratta di un evento commerciale, al quale giustamente non è stato concesso patrocinio e del quale non si conoscevano i contenuti. L’unica azione messa in campo il giorno prima dell’inaugurazione, quando abbiamo appreso dalle pubblicità sulla stampa e non da comunicazioni dirette ai nostri uffici, è stato informare gli organizzatori della posizione ormai nota della nostra Amministrazione.

Il Comune di Verona rispetta e dà esecuzione alle leggi nazionali che prevedono la celebrazione delle unioni civili ma non i matrimoni per le coppie delle stesso sesso, come in maniera ingannevole suggeriva la pubblicità. Non abbiamo fatto altro che ricordare agli organizzatori questo aspetto e che la nostra posizione è a favore della famiglia fra persone di sesso diverso. Gli organizzatori non avevano alcun obbligo di modificare l’esposizione. E’ stata una libera scelta, evidentemente ben studiata dal punto di vista del marketing, visto che alla loro decisione è seguita la coda polemica nei nostri confronti.

Non è un segreto che la nostra amministrazione di centrodestra abbia questa impostazione valoriale, è invece strumentale l’azione di chi approfitta di temi etici per fomentare partigianerie. Nella città di Verona c’è spazio per tutte le opinioni, compresa la nostra che è ben nota ai cittadini veronesi, visto che è ben spiegata nel nostro programma elettorale”.

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