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COLPO A CASTELVECCHIO

Sgominata la banda
La guardia giurata
è ritenuto il basista

Uno degli arrestati portato in carcere (Diennefoto)
Uno degli arrestati portato in carcere (Diennefoto)
Uno degli arrestati portato in carcere (Diennefoto)
Uno degli arrestati portato in carcere (Diennefoto)

La notizia è destinata a fare il giro del mondo: arrestata la banda che aveva messo a segno il colpo del secolo, rubando le 17 opere d’arte di inestimabile valore che erano custodite al museo di Castelvecchio il 19 novembre scorso: sono due italiani, la guardia giurata (ritenuta il basista)e suo fratello e dieci moldavi.

Le opere sono state recuperate soltanto in parte in un nascondiglio all’estero, e si attende il rientro dell’intero patrimonio. Alle volte basta una battuta per capire quando un’indagine è vicina alla svolta. E meno di un mese fa, c’era stata. «A breve mi dovrai pagare una pizza», aveva detto uno degli inquirenti, sollecitato con una domanda provocatoria sulle indagini di Castelvecchio. Era da Natale che si avevano delle certezze, ma inizialmente si ipotizzava che una parte delle opere potesse essere in un magazzino nella periferia veronese. Per questo si temporeggiava con i fermi, per vedere se accadeva qualcosa. Niente da fare, le opere non c’erano e probabilmente mai c’erano state.

Ieri mattina sono scattati gli arresti per fermo: cinque persone sono state fermate in Italia, sette nella Repubblica di Moldavia. E tra loro una conferma. Uno degli arrestati è la guardia che era in servizio la sera del colpo: Francesco Silvestri, dipendente di Sicuritalia. Ma anche suo fratello, e pure la moglie moldava che avrebbe fatto da tratto d’unione con l’estero. Arriva infatti oltre confine l’indagine, che dà una risposta a tutti quelli che continuavano a ribadire che su Castelvecchio c’era un «silenzio vergognoso». In realtà i media avevano scritto di quel furto ogni mese, senza eccedere, con la consapevolezza che uno scoop non vale, in questo caso, tanto quanto permettere agli inquirenti di indagare in tranquillità, facendo in modo che i sospettati si sentano al sicuro.

Le persone portate in carcere a Montorio sono: Denis Damaschin, Victor Potinga, Francesco Silvestri e suo fratello gemello Francesco Ricciardi Silvestri, Cornel Vasilita, Vasile Cheptene e Svitlana Pkachuk, moglie di Silvestri che è in carcere con una bambina piccola. Gli altri sono stati portati altrove per tenerli separati. Funziona così quando ci sono arresti numerosi e gli indagati non debbono restare in contatto tra loro.

C’erano telefoni sotto controllo, tabulati precedenti al colpo da analizzare, persone da sentire, altre da seguire. C’era da scandagliare la vita del sospettato numero uno: la guardia in servizio che fin dall’inizio non poteva averla raccontata giusta. Quasi ridicola la sua versione dei fatti: lui che viene legato e liberato dalla dipendente del Comune (prigioniera a sua volta) che ha un arto artificiale. Lui che va a lavorare con la sua auto e con quella scappano i banditi, visto che le chiavi la guardia le aveva lasciate inserite nel cruscotto. Tra l’altro la legge prevede in caso di provata infedeltà aziendale, (indipendentemente dalla causa-effetto), che l’azienda debba rispondere per il risarcimento del danno.

L’auto di Silvestri era stata ritrovata a Montichiari. È da lì che si sono perdute le tracce del preziosissimo bottino. Voci per ora non confermate vorrebbero che ad attendere il carico ci fosse addirittura un jet privato decollato da Montichiari e diretto nei Paesi dell’Est. È annunciata per oggi alle 15 una conferenza stampa riassuntiva dell’indagine che ha visto la lavoro squadra Mobile, Servizio centrale operativo e Tutela dei beni culturali dell’Arma. Sarà possibile avere un quadro più dettagliato ed esaustivo dei tanti interrogativi che restano ancora sospesi nell’aria.

Sabato sarebbero stati quattro mesi dalla notte del furto. Ed arrivare a una conclusione delle indagini in un arco di tempo così breve per un’indagine così dispendiosa in termini di energia non è un lungo tempo. Il pubblico ministero Gennaro Ottaviano ha disposto il fermo di polizia giudiziaria per i dodici che a vario titolo debbono rispondere di rapina, sequestro di persona, ricettazione a livello transnazionale visto che i quadri sono stati portati nella Repubblica di Moldavia.

Nei prossimi giorni il giudice per le indagini preliminari potrà convalidare o meno i fermi e disporre eventuali custodie cautelari in carcere. Intanto ieri, uno alla volta gli arrestati sono stati portati al carcere di Montorio. Non è stata una giornata facile neanche per gli inquirenti che hanno interrogato gli indagati, espletato tutte le formalità burocratiche legate ai fermi. In questura c’era grande fibrillazione ma anche immensa soddisfazione. Poi tre poliziotti alla volta, tutti in borghese hanno accompagnato, su auto senza i colori d’istituto, gli indagati in carcere. Alcuni di loro alla vista del nostro fotografo fuori dai cancelli ad aspettarli hanno alzato dei fogli per coprirsi il volto. O i polsi stretti dalle manette.

Alessandra Vaccari

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