<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
IL CRITICO

Sgarbi: «E’ la mano
della Jihad
o della criminalità»

Vittorio Sgarbi con Paola Marini durante una visita a Castelvecchio nel 2002
Vittorio Sgarbi con Paola Marini durante una visita a Castelvecchio nel 2002
Vittorio Sgarbi con Paola Marini durante una visita a Castelvecchio nel 2002
Vittorio Sgarbi con Paola Marini durante una visita a Castelvecchio nel 2002

Due sole possibilità: altre ipotesi non avrebbero alcuna ratio. Il critico d’arte Vittorio Sgarbi è deciso nel commentare il furto al Museo di Castelvecchio.

«In prima battuta non escluderei un atto dimostrativo jihadista perchè questo furto è una vera e propria mutilazione, un disastro per l’arte italiana», spiega Sgarbi. «L’unica obiezione a questa ipotesi potrebbe essere il fatto che parlo influenzato dal momento, dalla situazione internazionale così tragicamente esasperata. In realtà, come per Palmira, anche in questo caso si può leggere il desiderio di sfregio, la rivendicazione di un potere folle che distrugge la nostra cultura per annientare il mondo Occidentale. In alternativa dobbiamo pensare alla criminalità organizzata e in questo caso dobbiamo aspettarci la richiesta di un riscatto per la restituzione delle opere».

Sgarbi esclude dunque la possibilità che si tratti di un furto commissionato da un grande collezionista. «Questa ipotesi non ha alcun senso», dice. «Il collezionista raccoglie le opere per esporle nella sua casa, i suoi capolavori hanno un valore in quanto io, critico, posso vederli, lui me li può mostrare. Le opere le hai per invitare gente esperta che le ammira. E nessuno potrebbe esporre a casa sua i 17 capolavori sottratti al Museo di Castelvecchio. Così come non ha senso pensare che qualcuno li abbia rubati per rivenderli: queste opere sono troppo famose. Diciamo dunque che l’ipotesi del furto per riscatto è la più logica. Più sofisticata, ma radicata nel momento attuale, la possibilità che sia un crimine della Jihad».

Quanto alla questione della sicurezza nel museo, Sgarbi osserva: «Questa mi pare davvero una questione incredibile. Non so quali sistemi di sicurezza abbia, nello specifico, il Museo di Castelvecchio, ma certo musei che custodiscono patrimoni di tale valore devono essere dotati di allarmi, videocamere e soprattutto guardie che non così facilmente si possono mettere fuori gioco. In ogni museo si dovrebbero individuare i punti deboli, di cui uno sicuramente è l’ingresso e predisporre guardie armate a controllo soprattutto durante le ore di chiusura».

Sul fatto che così consistente sia il numero dei quadri sottratti, Sgarbi osserva: «Non ho ricordo di un furto simile, furti di capolavori nei musei ci sono da sempre ma in genere si tratta di un grande quadro, come per l’Urlo di Munch o la Saliera del Cellini rubata a Vienna. Ma di qualcosa di simile a questo furto non ho ricordi».

La Madonna col bambino, detta Madonna della quaglia di Pisanello, il San Girolamo penitente di Jacopo Bellini, la Sacra Famiglia con una santa di Mantegna e ancora il Ritratto di giovane monaco benedettino di Giovanni Francesco Caroto: sono solo alcuni dei capolavori trafugati. Ce n’è uno che Sgarbi porta in particolare nel cuore?

«Tutte le opere rubate sono straordinarie. Certo, la Madonna di Pisanello non può non fare innamorare, ma anche il giovane monaco di Caroto è un quadro eccezionale».

Alessandra Galetto

Suggerimenti