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Scomparsi 1,6 milioni, il mistero in aula

Da una parte un’immobiliare interessata all’acquisto di un complesso residenziale valutato oltre tre milioni di euro che era finito all’asta fallimentare in tribunale a Verona, dall’altra un mediatore padovano che si offrì di perfezionare l’affare. In mezzo un fiume di soldi che da un conto finirono su altri e poi sparirono e un’accusa di riciclaggio.

Bisogna tornare al 2006 quando Alessandro Formaggio, mediatore padovano, propose di interessarsi all’acquisizione, ricevette un milione e seicentomila euro sul proprio conto solo che l’affare non si perfezionò e i documenti che attestavano l’avvenuta aggiudicazione non erano veritieri.

Questa vicenda si chiuse in tribunale a Vicenza dove nel 2009, davanti al gup Eloisa Pesenti, Formaggio patteggiò un anno e 4 mesi con il beneficio della pena sospesa. Per lui l’accusa era truffa aggravata solo che la società immobiliare, che ottenne un sequestro sui beni, non recuperò il patrimonio perchè, come emerse dalle indagini della Guardia di Finanza, era stato versato in gran parte su altri conti correnti. Quelli di L.V., una sessantenne amica di Formaggio, e dei quali si sono persi le tracce. Questo lo scenario che fa da sfondo al processo iniziato davanti al collegio presieduto da Marzio Bruno Guidorizzi (Caccamo e Cognetti a latere) e al pm Marco Zenatelli. E ieri a deporre è stato un militare della Finanza di Padova che effettuò le indagini che portarono all’emersione della truffa. Furono loro infatti a monitorare il flusso di denaro che dal conto di Formaggio si spostò sui conti della signora (difesa Alessandro Trevisan) e stando agli accertamenti si era trattato di circa metà di quel milione e 600mila euro ricevuto come pagamento per l’acquisto dei beni.

Ieri avrebbe dovuto testimoniare anche Formaggio (imputato di reato connesso) ma problemi di salute gli hanno impedito di comparire. Una vicenda che ha inizio dieci anni fa quando un complesso immobiliare composto da 54 abitazioni a Cologna Veneta attirò l’interesse della Opefim. Si trattava di acquistare i beni all’asta dopo che la prima convocazione davanti al giudice dell’esecuzione era andata deserta. La società firmò il mandato al mediatore, gli vennero consegnati 160mila euro (la cauzione) con l’impegno a versare un milione e 440mila euro all’aggiudicazione. Nel 2007 disse che l’asta era andata a buon fine e produsse una finta ricevuta del tribunale di Verona. La truffa si era perfezionata e il denaro sparito. Finito su altri conti. Si prosegue.F.M.

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