<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Sciopero, negli ospedali adesione sotto il 10%

La programmazione degli interventi nelle sale operatorie ha avuto qualche disagio ma l’adesione allo sciopero  a Verona non è stata molto altaUn manifesto della protesta dei medici
La programmazione degli interventi nelle sale operatorie ha avuto qualche disagio ma l’adesione allo sciopero a Verona non è stata molto altaUn manifesto della protesta dei medici
La programmazione degli interventi nelle sale operatorie ha avuto qualche disagio ma l’adesione allo sciopero  a Verona non è stata molto altaUn manifesto della protesta dei medici
La programmazione degli interventi nelle sale operatorie ha avuto qualche disagio ma l’adesione allo sciopero a Verona non è stata molto altaUn manifesto della protesta dei medici

Manuela Trevisani L’adesione dei medici allo sciopero nazionale si è fermata a Verona a quota 9%, rispetto al resto d’Italia, dove si sono raggiunte punte dell’80%. Anche negli ospedali di città e provincia, dunque, non sono mancate ripercussioni sull’attività già programmata delle sale operatorie, ma senza disagi eccessivi. È questo il bilancio della giornata di sciopero nazionale proclamata dai camici bianchi: medici ospedalieri, dipendenti e veterinari della sanità pubblica hanno incrociato le braccia per attirare l’attenzione su un settore ad alta intensità di lavoro, che negli ultimi anni si è sentito abbandonato. Una protesta, sfociata in Veneto in un sit-in davanti al Policlinico di Padova, legata alle scarse risorse assegnate ai contratti di lavoro, ai ritardi nei processi di stabilizzazione del precariato e all’insufficienza del finanziamento previsto per il Fondo sanitario nazionale 2018. Per quanto riguarda l’Ulss 9 Scaligera e gli ospedali di competenza, da San Bonifacio a Legnago a Bussolengo, nel distretto 1 e 2 (ex Ulss 20) solo 31 medici hanno aderito allo sciopero su 410, nel distretto 3 (ex Ulss 21 di Legnago) l’adesione ha riguardato 11 medici su 321, nel distretto 4 (ex Ulss 22) hanno incrociato le braccia 25 camici bianchi su 270. Una percentuale, dunque, inferiore al 10%, in linea con quella riscontrata anche all’interno dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata, che include le due strutture cittadine: l’ospedale Maggiore di Borgo Trento e il Policlinico di Borgo Roma. «Allo sciopero ha aderito circa il 9% dei medici», fa sapere Francesco Cobello, direttore generale Aoui. «C’è stata qualche ripercussione sugli interventi chirurgici programmati, ma la situazione è sempre rimasta sotto controllo». In particolare, sono saltate alcune operazioni, mentre sono state garantite tutte le attività d’emergenza e anche la maggior parte delle visite e degli esami ambulatoriali. A spiegare le ragioni di questo sciopero è Andrea Rossi, vicesegretario regionale del sindacato medico Anaao, che fa parte del consiglio aziendale di Verona. «A livello regionale protestiamo per le condizioni di lavoro dei medici, cui non è garantito il turn over. E contestiamo il modo in cui sono gestiti i fondi dei medici, che dovrebbero essere utilizzati come premi di produzione e per l’avanzamento delle carriere, mentre in realtà vengono deviati su altro». «A livello nazionale, invece», prosegue, «siamo preoccupati perché il Fondo sanitario è stato ulteriormente penalizzato: ogni anno si fanno tagli lineari alla sanità senza che venga ristrutturata la rete ospedaliera». D’accordo Giuseppe Silvestro, segretario aziendale del sindacato Cimo, che sottolinea le maggiori sovvenzioni alla sanità privata convenzionata a scapito della sanità pubblica, e soprattutto «in Veneto, la mancanza di personale negli ospedali, che rischia di non garantire più gli attuali livelli di assistenza». L’assessore regionale alla Sanità Luca Coletto, però, mette le mani avanti. «È uno sciopero nazionale: mi auguro non si voglia fare confusione attribuendo alle Regioni la responsabilità del definanziamento del sistema sanitario del Paese», dice. «La progressione dei tagli nazionali al Fondo Sanitario, espliciti o coperti sotto forma di maggiori costi non riconosciuti - quest’anno 1,3 miliardi per i rinnovi contrattuali e 800 milioni per i farmaci ad alto costo - è evidente e non più sostenibile nemmeno per chi, come la Regione Veneto, è riuscito fino ad ora a mantenere i conti in equilibrio». •

Suggerimenti