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Sanità, malati in corsia...preferenziale

Un esame di mammografia, una delle prestazioni più richieste
Un esame di mammografia, una delle prestazioni più richieste
Un esame di mammografia, una delle prestazioni più richieste
Un esame di mammografia, una delle prestazioni più richieste

Laura Perina «Ho notizie di un singolo episodio, accaduto circa un anno e mezzo fa. Alcune infermiere di un ospedale in Provincia parlavano di un dottore che doveva fare delle medicazioni ordinarie ai pazienti inviati dalla Asl e invece privilegiava i suoi pazienti privati. Un caso isolato, e la struttura è intervenuta subito. Di bustarelle, a Verona non ho mai sentito». Parla Daniela Prencipe, segretario provinciale della Uil Flp, interpellata a margine dell’annuncio del governatore del Veneto Luca Zaia di verifiche a tappeto nelle Ulss e nelle aziende ospedaliere della Regione contro le tangenti versate ai medici per saltare le liste d’attesa. Lo conferma anche il Tribunale del Malato: «Se in riva all’Adige c’è stato chi ha preso la bustarella, a noi non risulta» riferisce il presidente regionale Flavio Magarini. Ma in soldoni, se è legale l’extramoenia – cioè l’attività privata esercitata dai medici ospedalieri fuori dalle strutture sanitarie pubbliche –, non dovrebbe esserlo il passare avanti a chi è prima di te in lista d’attesa. Alla Sanità si contesta questo. Però non è una novità. «Avere a che fare con un ospedaliero in libera professione e vedersi aprire miracolosamente le porte dell’ospedale per interventi chirurgici e prestazioni diagnostiche, è un’abitudine ormai istituzionalizzata e per la quale gridare allo scandalo solo ora fa sorridere» sottolinea Magarini. Semmai è quella la cattiva abitudine da eradicare. Comunque, se anche a Verona esiste o meno un sistema ben oliato di corsie preferenziali pagate a caro prezzo (si dice migliaia euro per passare in cima alla lista degli interventi chirurgici), lo dimostrerà o lo smentirà l’indagine amministrativa interna chiesta da Zaia al sistema ispettivo dell’Azienda Zero sul sistema di prenotazione e sul rispetto della delibera della Giunta regionale del 2013 con la quale si disponeva il divieto di svolgere attività intramoenia allargata. Intanto, i sospetti arrivano dopo le denunce della trasmissione di Raiuno Petrolio, che ha documentato due episodi di malaffare fra sanità pubblica e privata accaduti in presidi sanitari di Padova. Uno, in particolare, sarebbe un caso di concussione con il pagamento sull’unghia di una somma consistente, duemila euro, per ridurre l’accesso nelle sale operatorie degli ospedali pubblici da alcuni mesi a una manciata di giorni. Tuttavia, secondo gli addetti ai lavori il vero problema è alla base: «le liste d’attesa. La Regione dice di averle diminuite ma i medici stessi sostengono che non è vero, perché c’è carenza di personale» commenta Prencipe. «Per arginare i casi di cui si sta discutendo, si dovrebbe fare un intervento supplementare». Quale? «Assumere personale infermieristico e medico. Stiamo regalando tanto al privato accreditato, dove i tempi sono ridotti perché per le assunzioni non ci sono i contingenti del sistema sanitario regionale. Anche l’apertura notturna per limitare le liste d’attesa (riguarda i servizi ambulatoriali e soprattutto radiologici, per ottimizzare l’utilizzo dei grandi macchinari come la Tac e la risonanza magnetica, ndr) non ha portato beneficio» incalza. Senza contare che «oggi, in teoria, i tempi di attesa solo in alcuni casi sforano dalle prescrizioni della Regione» conviene Magarini. «Ma parliamo della “geografia”: la Ulss deve garantire i tempi di emanazione degli esami all’interno del proprio territorio. Dunque una persona di 82 che abita a Caprino può, sì, avere la prestazione in convenzione nei tempi giusti, ma magari deve presentarsi a San Bonifacio alle 8 del mattino». • © RIPRODUZIONE RISERVATA

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