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Salvini carica il popolo leghista
«Legittima difesa e autonomia»

Matteo Salvini a Verona durante la sua visita di un mese fa
Matteo Salvini a Verona durante la sua visita di un mese fa
Matteo Salvini a Verona durante la sua visita di un mese fa
Matteo Salvini a Verona durante la sua visita di un mese fa

Da uno a tre. E il poker (sperato) è conquistare Verona. Legge sulla legittima difesa. Basta profughi in Italia. Battaglia per l’autonomia al referendum del 22 ottobre, in Veneto e Lombardia. Dopo i veleni con l’Amministrazione Tosi per l’assegnazione del palasport, la Lega Nord scalda i motori per la manifestazione di martedì, 25 Aprile, sulla legittima difesa e sui temi della sicurezza. E il segretario federale Matteo Salvini, eurodeputato leghista, spiega a L’Arena i contenuti. Con un occhio rivolto, ovviamente, alle elezioni comunali dell’11 giugno. Dove il Carroccio è con il centrodestra a sostegno del candidato sindaco Federico Sboarina, di Battiti.

Segretario Salvini, che cosa direte a Verona martedì?

Il tema era uno, la legittima difesa, ma nel frattempo sono diventati tre, visti gli sbarchi di profughi nei giorni di Pasqua e la data certa del referendum. Sulla legittima difesa la Lega si batte da quattro anni in Parlamento per fare una legge. Il 25 Aprile si festeggia la Liberazione. Ebbene, se una persona non è sicura, non è libera.

Tosi tiene la pistola nel comodino. Che cosa ne pensa?

Io credo che neanche con il mitra in casa si debba affrontare il tema della sicurezza e della legittima difesa.

E come si affronta?

I modelli sono due. Quello della Svizzera, dove le persone che hanno armi seguono un percorso di formazione di addestramento per usarle. Poi io ripristinerei sei mesi di servizio militare obbligatorio, su base territoriale, in modo che chi è di Verona lo svolga vicino a casa.

Veniamo al secondo punto della manifestazione.

Basta sbarchi di profughi. Nei tre giorni pasquali novemila persone. Così si rischia il caos e lo scontro sociale. Lo soglia è ormai superata.

Il terzo?

Il 25 Aprile è anche la festa di San Marco e da poco sappiamo che ci sarà il referendum sull’autonomia, in Veneto e in Lombardia, il 22 ottobre. È una data storica, per la Lega, perché per la prima volta gli elettori potranno esprimersi sull’autonomia fiscale.

Ma, essendo il referendum consultivo, non rischia di avere un valore soltanto simbolico, lasciando poi comunque alle Regioni la necessità di contrattare pezzi di autonomia con lo Stato?

Guardi, Veneto e Lombardia hanno 15 milioni di abitanti e rappresentano un terzo del Pil italiano sottoposto a tassazione. Se la stragrande maggioranza voterà Sì all’autonomia, anche fiscale, e si andrà a contrattare sulla base del risultato della consultazione, non credo proprio che il referendum avrà soltanto un valore simbolico.

A Verona la Lega è in pista per Federico Sboarina, di Battiti. Vi è costato far compiere il passo indietro al vostro candidato sindaco leghista Paolo Tosato?

Verona è stata il fiore all’occhiello di amministrazioni leghiste e di centrodestra. Poi Tosi è andato con Renzi, Alfano, Casini e altre compagnie...Noi abbiamo scelto Zaia. A Verona abbiamo un ottimo candidato, Sboarina, e come due anni fa per la presidenza della Liguria abbiamo compiuto un passo indietro. E abbiamo vinto.

A Verona, dunque?

Siamo e vogliamo restare il primo partito. Certo, avrei preferito un nostro candidato, ma ci batteremo per vincere con Sboarina, come a Padova con il nostro Bitonci.

Il sindaco Tosi ha ufficialmente candidato sindaco la senatrice Bisinella, la sua compagna. Conferma le sue perplessità?

Sceglieranno i veronesi, io non giudico, pur non condividendo. Comunque io non voglio parlare di Tosi, di Pd, di 5 Stelle. A Verona, Padova, Genova, Como, Alessadria, Piacenza abbiamo un’ottima spinta.

Negli ultimi giorni lei non è andato giù leggero nei confronti di Berlusconi, preferendo il dialogo con Giorgia Meloni, di Fratelli d’Italia. Che futuro ha il centrodestra?

Berlusconi e Forza Italia devono chiarire la loro posizione sulla Turchia in Europa, che la Lega non vuole, e poi sull’euro e sulla Banca d’Italia, dopo i disastri di Banca Popolare di Vicenza e di Veneto Banca con i territori in cui hanno operato.

Enrico Giardini

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