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Effetto del decreto sicurezza

Richiedenti asilo
Verso la chiusura
di Costagrande

Effetto del decreto sicurezzalare
La tenuta di Costagrande
La tenuta di Costagrande
La tenuta di Costagrande
La tenuta di Costagrande

A Costagrande, sopra Avesa, si va velocemente verso la chiusura della più grande struttura cittadina (anche se in realtà l’area ricade nel Comune di Grezzana) per la prima accoglienza dei richiedenti asilo. Seguiranno lo stesso destino altri luoghi che hanno dato ospitalità ai profughi fin dalle prime ore dell’emergenza immigrazione, come l’ostello Santa Chiara, in Veronetta. E se alcuni piccoli alberghi, che finora erano sopravvissuti garantendo vitto e alloggio ai migranti attraverso i sussidi pubblici,dovranno chiudere i battenti, e magari vendere, altre strutture verranno avviate a una riconversione che lascerà spazio anche ad alcune sorprese. L’approvazione in via definitiva alla Camera del decreto Sicurezza, fortemente voluto dal vicepremier leghista Matteo Salvini, imprime una vigorosa accelerata a un processo che, per certi versi, era già cominciato. Per altri versi trancia, o rischia di tranciare, i fili pazientemente intrecciati dalle cooperative sociali in anni di complesso lavoro con i propri assistiti, per integrarli attraverso l’occupazione lavorativa, la padronanza della lingua italiana e la mediazione culturale. Una cosa è certa. L’accoglienza dei richiedenti asilo, per come è stata fatta finora, e per come la si conosce anche a Verona, muterà volto. Lo farà molto in fretta, e non sarà indolore.

COSTAGRANDE. Per cercare di prevedere, almeno in parte, ciò che accadrà nei prossimi mesi, la strada più utile da imboccare è quella che dall’abitato di Avesa sale in collina, fino alla frazione denominata Costagrande. Qui, l’enorme tenuta che l’imprenditore turistico Pietro Delaini ha acquistato dall’istituto Don Mazza si è trasformata, negli ultimi anni, nel principale «hub» di accoglienza dei profughi, arrivando a ospitare nei periodi di picco quasi 500 persone. Non senza proteste, dei migranti e dei residenti nei dintorni. «Oggi invece ve ne sono poco più di cento. La diminuzione graduale, che era prevista e concordata con la Prefettura, è cominciata qualche mese fa, contestualmente al reperimento di posti in strutture differenti», spiega Pietro Delaini. Che annuncia: «A Costagrande, l’accoglienza dei richiedenti asilo è destinata a finire nell’arco di alcuni mesi. Io, a dire il vero, speravo si chiudesse già in settembre, ma le esigenze hanno imposto di prolungare l’attività». E poi? L’imprenditore resta sul vago, «non c’è ancora nulla di definito», tuttavia anticipa: «Stiamo studiando dei progetti per trasformare Costagrande in qualcosa di diverso, previa ristrutturazione, come un centro di ritrovo e vacanza per studenti, sportivi, famiglie».

SANTA CHIARA. Anche l’ostello Santa Chiara, nell’omonima via di Veronetta, si prepara a significativi cambiamenti. Questa antica dimora, di proprietà comunale e gestita dal Centro di cooperazione giovanile internazionale, era arrivata a dare un tetto a un’ottantina di profughi. È stata anche una delle prime strutture, in città, ad aver aperto le porte ai richiedenti asilo, già a partire dal 2011, con una convenzione diretta stipulata con la Prefettura: unico caso nel Veronese oltre alla Casa di Betania di Zevio. Fiorenzo Scarsini, presidente del Centro di cooperazione, chiarisce che attualmente «all’ostello Santa Chiara risiedono 18 ragazzi stranieri. Ma dieci sono già in partenza, e i rimanenti se ne andranno a breve. Si trasferiranno nelle strutture cittadine che hanno ricevuto l’incarico dalla Prefettura in seguito alla partecipazione al bando di gara. Noi, che eravamo stati chiamati subito a rispondere alla primissima ondata di arrivi, non eravamo passati attraverso i bandi; c’era l’accordo con la Prefettura che, mano a mano, avremmo “passato” i nostri ospiti alle strutture vincitrici delle gare». Dunque anche il Santa Chiara sta per svuotarsi definitivamente. Dopodiché? Scarsini rivela: «Pensiamo di dedicarci a ospitare quegli stranieri che, pur ottenendo il permesso di soggiorno, dovranno uscire dai percorsi di protezione, e quindi inizialmente non sapranno dove alloggiare. Ma abbiamo anche l’intenzione di riavviare, in questa sede, l’accoglienza dei giovani viaggiatori che si era interrotta a villa Francescatti». Ricordiamo: alla fine dello scorso anno, fra lo sconcerto generale, il Centro di cooperazione aveva dovuto abbandonare il palazzo signorile a San Giovanni in Valle, a causa della scadenza della convenzione con la Diocesi, che ne è proprietaria.

COOPERATIVE. E cosa faranno ora le cooperative sociali che, nell’ultima decina d’anni, si erano focalizzate sull’accoglienza ai profughi? Come affronteranno il taglio dei finanziamenti pubblici (da 35 euro a un massimo di 19-26 per ogni richiedente asilo) e il giro di vite nella concessione dei permessi di soggiorno? Risponde Nadia Gobbo, presidente della cooperativa Tinle: «Ci troveremo a scegliere se continuare o meno a operare in questo settore. Nel nostro Dna non c’è solo la gestione di vitto e alloggio, pur importante, ma soprattutto l’organizzazione di tutte quelle attività che sono fondamentali per l’inserimento sociale dei richiedenti asilo: dall’insegnamento della lingua italiana alla formazione scolastica, fino ai tirocini professionali. Minori fondi si traducono nell’eliminazione di tutte queste iniziative. Per una cooperativa che lavora nell’integrazione, come la nostra, il progetto di accoglienza si svuoterebbe».

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