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Referendum, forze politiche già in pista

Stefano CasaliPaolo PaternosterPaolo DanieliOrietta Salemi
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Sarà quindi referendum, quando, ancora non si sa. Forse in primavera o forse, come va dicendo il leader leghista Matteo Salvini, in autunno i veneti voteranno per chiedere maggiore autonomia dallo Stato centrale. Quale che sia la data, l’esito, tuttavia, appare scontato. A favore del referendum, in Consiglio regionale, hanno votato, oltre alla maggioranza di centrodestra, anche i consiglieri del Movimento 5 Stelle, mentre il Pd si è astenuto. Con il quesito referendario, sottolinea il governatore Luca Zaia, si chiederà ai veneti: «Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia? Si tratta di un primato storico nella storia delle Regioni e della Repubblica».

Anche a Verona, intanto, partiti e comitati si stanno organizzando in vista della campagna referendaria. «La campagna, che sarà coordinata a livello regionale sarà ancora più impegnativa di quella contro le false riforme di Renzi, ma non puntiamo a cose strane», mette in chiaro il segretario provinciale della Lega Nord Paolo Paternoster, «vogliamo che buona parte dei 21 miliardi di euro di residuo attivo del Veneto si possano destinare al territorio per le strade, le infrastrutture, per migliorare la nostra già eccellente sanità, per sostenere le famiglie e le imprese in modo da renderle competitive con la concorrenza ora fortemente “sleale“ di quelle delle vicine regioni a statuto autonomo». E aggiunge: «Puntiamo poi a far tornare in Veneto le aziende costrette a delocalizzare per non fallire o morire di tasse».

Celebrare il referendum costerà 14 milioni. Paternoster allarga le braccia: «Perché non si vuol fare l’election day insieme alle amministrative, ma il governo ha paura che il quesito favorisca la Lega, che più di tutti si è speso in questa battaglia».

Formare comitati elettorali veronesi e veneti per sostenere la battaglia per l’autonomia. È l’impegno dei consiglieri regionali della lista Tosi Stefano Casali, Giovanna Negro e Andrea Bassi, veronesi, che nel voto di martedì scorso, hanno sostenuto la legge, fortemente voluta dal presidente Luca Zaia, leghista, che prevede il referendum per l’autonomia.

«Abbiamo votato sì», spiega Casali, «perché crediamo profondamente nei contenuti di questo referendum e con Andrea Bassi mi impegnerò personalmente nei comitati». Il quesito, assicura, «è in linea con i principi della Costituzione del 1948, in particolare con l’articolo 5, finora rimasto lettera morta. Su questo tema il centrodestra può tornare punto di riferimento a livello nazionale e il Veneto può fare da apripista, inoltre sarà una bella reazione alla riforma centralista bocciata lo scorso 4 dicembre».

Fra i primi a muoversi, in città, dando vita a un comitato referendario è l’ex senatore di An Paolo Danieli. «La questione dell’autonomia del Veneto e il referendum votato dal Consiglio regionale e autorizzato dalla Corte Costituzionale», commenta, «si stanno finalmente ponendo all’attenzione degli osservatori politici e dei media, ma quel che più conta al fine della vittoria referendaria e della realizzazione dell’autonomia è che nessuno ci voglia mettere il cappello e che la battaglia per l’autonomia sia trasversale alle diverse forze politiche in quanto fatta nell’interesse di tutti i veneti». Il Comitato per l’autonomia da lui presieduto, ricorda Danieli, «è nato per iniziativa di persone di diversa estrazione politica, ma tutte impegnate per il medesimo obiettivo».

Orietta Salemi, consigliera regionale e segretaria cittadina del Pd, spiega l’astensione in Regione come un atto «a favore dell’autonomia ma in disaccordo con il metodo, poiché non si specificano quali materie saranno oggetto del referendum». E annuncia «il deposito di una proposta di legge per dare contenuto a una richiesta che altrimenti sfocia nella mera propaganda».

L’esponente del Pd, tuttavia, assicura che l’impegno informativo sul territorio ci sarà. «Il Pd c’è, accogliamo la sfida del referendum perché la consultazione popolare non ci fa paura, ma purché questa non si riduca a una battaglia di bandiera priva di contenuti o, ancora peggio, un nuovo gradino per poi avanzare la richiesta di indipendenza o, addirittura, di secessione del Veneto».

La sfida del Pd, annuncia, «sarà lavorare da subito perché all'indomani del referendum si sia pronti a dire ai Veneti quali forme di autonomia vogliamo e possiamo ottenere. Senza questo percorso il referendum», ribadisce Salemi, «resta una bandiera senza contenuti: e sono questi ultimi quelli che ci interessa concretamente portare a casa».

Enrico Santi

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