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Referendum con incognita quorum

Su qualche balcone in città e provincia sono spuntate le bandiere del Veneto per il referendum di oggi FOTO MARCHIORI
Su qualche balcone in città e provincia sono spuntate le bandiere del Veneto per il referendum di oggi FOTO MARCHIORI
Su qualche balcone in città e provincia sono spuntate le bandiere del Veneto per il referendum di oggi FOTO MARCHIORI
Su qualche balcone in città e provincia sono spuntate le bandiere del Veneto per il referendum di oggi FOTO MARCHIORI

«Se va male non mi dimetto», parola di Luca Zaia. Il governatore del Veneto alla vigilia del referendum consultivo per la richiesta di maggiori autonomie lo mette in chiaro. La delibera-quadro da far approvare per dare avvio alla negoziazione con il governo è pronta, ma solo stasera dopo le 23, a chiusura dei 4.739 seggi per il referendum consultivo, si saprà se ai veneti avere più autonomia da Roma interessa davvero.

Il referendum chiede un sì o un no, di fatto, all’avvio di una trattativa su competenze e risorse finanziarie da mantenere sul territorio, nell’alveo di quanto previsto da alcuni articoli della Costituzione, dal 116 al 119, che passa anche attraverso il raggiungimento del quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto al voto (pari a 2.034.280 dei 4.068.558 elettori). Circa l’8 per cento degli aventi diritto risiede all’estero e per esprimere il proprio parere dovrebbe rientrare nella terra d’origine.

Ma in caso di mancato raggiungimento del quorum, soglia indispensabile affinché la consultazione sia ritenuta valida a norma di statuto regionale (solo in questo caso, infatti, il Consiglio regionale sarà tenuto a mettere il tema all’ordine del giorno) Zaia in un’intervista al Corriere della Sera dice che resterà al suo posto. «La mia carica non è in discussione, il referendum non l’ho voluto io ma il Consiglio regionale». Il governatore parla di «occasione storica per i veneti che dopo aver tanto invocato l’autonomia oggi hanno la possibilità di intraprendere la strada per ottenerla. Ma non è», avverte, «che se passa hanno vinto i veneti e se non passa perdo solo io...».

BATTIQUORUM. Alla domanda su quale sia sotto il 50 per cento la soglia «politicamente» rilevante, Zaia afferma: «Il quorum lo fissa la legge, non io». E ricorda che «sui poco più di quattro milioni di elettori veneti, l’8 per cento risiede all’estero». Tuttavia, osserva che «la trattativa si può fare comunque». E ribadisce, ostentando un ottimismo sul quale costituzionalisti, come il veronese Stefano Catalano, non nascondono perplessità: «Se vince il Sì avvio immediatamente il progetto di negoziato. Per la parte di nostra competenza si può chiudere l’iter in un paio di settimane, poi tocca a Roma».

23 COMPETENZE. Quindi assicura che saranno rivendicate «tutte e 23 le competenze che sono in gioco, non una di meno». Il collega lombardo Roberto Maroni (sono 7 milioni e 480mila gli elettori chiamati oggi alle urne in Lombardia) ha evocato la Brexit. «Il referendum è altrettanto dirompente», commenta Zaia, «ricordiamoci di quei ragazzi che fecero cadere il Muro di Berlino. Sembrava impossibile».

IL QUESITO. «Vuoi che alla Regione del Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?». Questo è il quesito su cui si potranno esprimere i circa quattro milioni di elettori veneti. E a differenza della Lombardia, altra regione in cui si vota, è previsto il quorum, cioè deve andare a votare il 50 per cento più uno degli aventi diritto e ovviamente, il Sì deve ottenere la maggioranza dei voti espressi.

I governatori leghisti di Veneto e Lombardia, Zaia e Maroni, si rifanno all’articolo 116 della Costituzione, che prevede che le Regioni possano chiedere «forme e condizioni particolari di autonomia», che possono essere attribuite con legge dello Stato, approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti. L’obiettivo dei promotori della consultazione è portare a casa il massimo consenso possibile sul quesito referendario, in modo da poter avere una posizione politica forte nella trattativa con Roma. Tra le righe, ma neanche troppo, si cerca di trattenere sul territorio più risorse possibili.

I SEGGI saranno aperti dalle 7 alle 23 e il voto sarà cartaceo, mentre i vicini lombardi sperimenteranno per la prima volta in Italia l’e-voting. L’elettore dovrà presentarsi al seggio indicato nella propria tessera elettorale con un documento di riconoscimento valido. Non è consentito il voto dall’estero, previsto solo per le elezioni della Camera e del Senato e per i referendum nazionali.

Il costo della consultazione per il Veneto si aggira sui 14 milioni di euro, con il Viminale che ha chiesto alla Regione ulteriori due milioni per la gestione dell’ordine pubblico ai seggi.

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