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Questa sera in Aida
daremo il meglio
per salvare la lirica

Ildiko Komlosi, Amneris
Ildiko Komlosi, Amneris
Ildiko Komlosi, Amneris
Ildiko Komlosi, Amneris

Ildiko Komlosi, è Amneris in Aida.

«Sono passati 25 anni da quando entrai come spettatore in Arena. In scena c’era la grandiosa rievocazione dell’Aida del ’13, con un cast stellare, Chiara, Martinucci, Baglioni, Santi ed un anfiteatro esaurito, come quello che si prospetta questa sera. Non potrò mai dimenticarlo. Quindi tornare in questo festival ancora una volta, è per me motivo di orgoglio e di un rinnovato impegno. La stagione lirica va salvata ed è un dovere per noi interpreti dare tutto il nostro contributo -anche rinunciando a parte del cachet- per preservare questo patrimonio inestimabile».

Ildiko Komlosi, l’Amneris di stasera nella prima recita di Aida, è vistosamente commossa. Perché?

Perché un ritorno a Verona lo considero una specie di privilegio che mi viene concesso: l’Arena è davvero magica, anche per chi come me è abituata ad entrare nei più grandi teatri del mondo.

Questa Amneris potrebbe essere la protagonista dell’opera, al posto di Aida?

Lo diceva spesso anche Verdi. E’ l’unico personaggio che si trasforma, che matura nel corso dell’opera: impietosa, crudele, prima, poi disperata, ma anche perdonata. Compie tutto per amore ed è disposta a tutto. Anche a cedere il trono. Mi dispiace che Radames non lo abbia capito.

Qual è il momento vocalmente più insidioso: secondo atto o il quarto?

Non faccio distinzioni. Grazie al cielo con oltre cento recite alle spalle mi sento molto sicura, anche tecnicamente.

Le piacerebbero personaggi di punta come Eboli del don Carlo o Azucena del Trovatore?

Un ruolo nuovo che scopri ti aiuta per farne altri. Il repertorio francese e quello tedesco insegnano tanto, ma se hai la linea del canto italiano hai tutto. Diciamo che il repertorio verdiano è il migliore e lo sostengo anche come musicologa. Certo il quarto atto di Aida è come un premio per la tua carriera.

Nel repertorio francese ottocentesco, un mezzosoprano della sua taglia, ha solo l’imbarazzo della scelta. Abbandonata l’idea di misurarsi ancora in Carmen?

La parte di Carmen ce l’hai sempre dentro. Dipende anche dal don Josè che hai di fronte. Sei una donna ed è importante come ti guarda un uomo. Penso che se la tua voce è allenata e la tua corporatura te lo permette, sicuramente in Arena Carmen si può ancora fare.

Ci sono opere del Novecento che la interessano?

Come no. Ho iniziato con quelle di Strauss e canto spesso pure Wagner. Basta avere gli acuti. Non mi piacciono solo due e tre ruoli. Ho sempre amato variare molto il repertorio.

Secondo lei per un cantante d’opera è più difficile imporsi oggi, rispetto al passato?

Oggi. Perché un tempo ti impedivano di cantare un ruolo se non avevi la voce adatta. Ora spesso non è più così. Sono felice di aver portato Amneris in scena a 28 anni. Ma l’ho ripresa solo a 42.

Lei che vive più ad est, a Budapest, vede l’opera come una creatura in via d’estinzione?

No. In Ungheria siamo in una fase fantastica, di espansione. C’è un manager all’Opera di Stato che viene dalla Tv, cura molto i giovani. Investiamo molto. In teatro hanno raddoppiato gli abbonamenti. Ogni anno contiamo 30 prime d’opera.

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