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«Questa foto risvegli le coscienze»

La foto diventata simbolo: il piccolo Omran in ambulanza
La foto diventata simbolo: il piccolo Omran in ambulanza
La foto diventata simbolo: il piccolo Omran in ambulanza
La foto diventata simbolo: il piccolo Omran in ambulanza

Spera anche lui che la foto e il video del piccolo Omran che si stropiccia con la manina gli occhi insanguinati, riemerso dalla macerie ad Aleppo, nella Siria martoriata dalla guerra, scuota le coscienze. Per dire stop alle armi e alle uccisioni, in cinque anni e mezzo, di oltre 300mila fra uomini, donne e bambini. Un milione i feriti. «Durante le guerre, e penso al Vietnam ma anche in altre, certe foto vengono diffuse per suscitare un impatto sulle coscienze. Mi auguro che qualcosa succeda, per la Siria. Qualche giorno fa qui è morto un bimbo di quattro anni. Dall’inizio del conflitto sono morti 14mila minorenni. È una strage di innocenti. E la situazione sta peggiorando».

Da Damasco, la capitale del Paese del Medio Oriente, al telefono il nunzio apostolico in Siria Mario Zenari, 70 anni, veronese di Rosegaferro di Villafranca, lancia l’ennesimo appello al cessate il fuoco.

La Siria, in cui Zenari opera da sette anni e mezzo come rappresentante della Santa Sede, ambasciatore di papa Francesco, è allo stremo. Lui, però, è sempre rimasto là. Vicino alla gente che soffre. Facendo tutto quello che può per garantire aiuti. In questi anni bombe sono cadute vicinissimo alla nunziatura, provocando danni. «Negli ultimi mesi, a Damasco, i colpi di mortaio erano diminuiti», racconta, «ma negli ultimi dieci giorni sono ricominciati con intensità, provocando distruzione e morti. A sei chilometri da dove vivo io c’è un campo di palestinesi, con migliaia di persone in condizioni terribili. Quando sono a tavola fatico a mangiare pensando alle privazioni che subiscono. E poi penso a una località assediata da quattro anni a sud di Damasco, o all’area rurale di Damasco est, dove ci sono ribelli. Per non parlare della provincia di Aleppo e del nordest del Paese. Un disastro».

La parola fine a questa terribile guerra sembra una chimera. Ma la storia non ha insegnato nulla agli uomini? «Il problema vero per la Siria è che questa è soltanto in parte una guerra civile», spiega Zenari. «In realtà è una guerra internazionale, che coinvolge diversi Paesi e combattenti provenienti da ben ottanta Paesi! È un campo di battaglia che vede schierati più o meno direttamente Arabia Saudita e area del Golfo Persico, Iran, Turchia, Russia e Stati Uniti. Questa è una guerra per procura, di Paesi che sulla testa della Siria fanno i loro interessi. In queste ultime settimane poi, invece che il profilarsi di una soluzione, in conflitto si è intensificato». Chi avrebbe la chiave per uscirne? «Stati Uniti e Russia, anche se, per la questione della Crimea e dell’Ucraina, fra loro è tornata la guerra fredda».

Si sta cancellando la Siria, culla della civiltà. Un Paese di 20 milioni di abitanti, con circa il 40%o della popolazione sotto i 18 anni. «Un Paese splendido, ricco di storia, cultura, con un patrimonio archeologico straordinario e penso fra l’altro a Ebla, a Palmira, a siti della Mesopotamia risalenti a cinquemila anni prima di Cristo», aggiunge il nunzio. «Una terra in cui sono nate le tre religioni monoteistiche, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam, che riconoscono come padre Abramo. È una storia che rischia di essere cancellata per sempre. Per questo bisogna tenere viva una sensibilità nell’opinione pubblica, per premere sui governi affinché non solo si arrivi a una tregua per portare gli aiuti, ma la guerra finisca».

In Siria poi «questo conflitto sta provocando l’esodo di tante persone, professionisti, ma anche tecnici informatici, idraulici, elettricisti, e questo sta impoverendo il Paese e lo mette in ginocchio. Poi, a causa della guerra, i cristiani sono dimezzati. Erano il 6 per cento della popolazione», precisa Zenari, «e, come dice il presidente Assad, i cristiani sono una finestra sul mondo per la loro apertura e universalità. C’è quindi un grande impoverimento culturale, se la Siria diventa un Paese monoculturale».

Il rischio però, di fronte a tanti conflitti in corso come in Siria, in Libia, ma di fronte a continui atti terroristici dell’Isis, per non parlare del fenomeno dei profughi e dell’immigrazione, ci si abitui a tutto. E si dimentichi in fretta. «È così. Ecco perché bisogna tenere viva l’opinione pubblica», conclude Zenari. Per fare in modo che la foto del piccolo Omran non sia solo uno choc emotivo fugace, del tempo ferragostano. Fra vacanze, Olimpiadi e polemiche sul burkini.

Enrico Giardini

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