<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
Omicidio a Trieste

Prete accusato
di delitto, la perpetua
si contraddice

di A.V.
Omicidio a Trieste
Monsignor Piccoli durante una messa
Monsignor Piccoli durante una messa
Monsignor Piccoli durante una messa
Monsignor Piccoli durante una messa

Monsignor Paolo Piccoli è un omicida? Ieri a Trieste è entrato nel vivo il processo per omicidio volontario in cui il prelato veronese è accusato di aver strangolato o soffocato un altro prete, molto anziano. E l’accusa inizia a scricchiolare, perchè durante l’udienza di ieri la maggior accusatrice del prete, la perpetua che seguiva la vittima da anni è caduta numerose volte in contraddizioni. La difesa di monsignor Piccoli ha prodotto anche una lettera anonima arrivata al prete con ingiurie e minacce, la cui calligrafia è uguale a quella della perpetua.

 

E il giudice ha ammesso l’originale della lettera come prova. Ma non è stata soltanto questa la contraddizione. In aula, la difesa di Piccoli ha fatto sentire la registrazione della telefonata della perpetua al 118 dove si sente che la donna urla il nome del paziente, si sente il rumore come di sberle per risvegliarlo, mentre lei in aula ha detto di non aver toccato l’anziano prete. Il processo è stato aggiornato a fine marzo.

 

Era il 25 aprile 2014 quando monsignor Giuseppe Rocco, 92 anni, venne trovato morto ai piedi del suo letto nella Casa del clero di via Besenghi, a Trieste. L’autopsia disse che l’anziano era stato strangolato dopo che inizialmente sembrava fosse morto per cause naturali. La Procura giuliana aprì un fascicolo e i Ris setacciarono la foresteria, la stanza del defunto e quelle degli altri ospiti. Era scomparsa una catenina che monsignor Rocco portava sempre con sé: gli inquirenti arrivarono alla conclusione che lui e il suo assassino si conoscevano. E qualche tempo dopo nel registro degli indagati venne iscritto il prelato che si è sempre proclamato innocente. A far cadere i sospetti su di lui delle macchioline di sangue compatibili con il suo Dna sul letto della vittima.

 

Ma monsignor Piccoli ha sempre sostenuto di aver perduto il sangue quanto s’era inginocchiato accanto al cadavere, dopo essere stato chiamato per l’estrema unzione. Soffriva di una dermatite ulcerosa, per questo quel sangue era su quei lenzuoli. Ieri sono stati sentiti come testimoni la perpetua di don Rocco, Eleonora, detta Laura, Dibitonto, principale accusatrice di monsignor Piccoli, il capitano dei carabinieri che ha condotto le indagini all’epoca, Fabio Pasquariello.

 

I difensori di monsignor Piccoli, gli avvocati Stefano Cesco e Vincenzo Calderoni, hanno chiesto l’audizione di ben 50 testimoni. Il Pm di altri 28, tra cui anche i medici che si sono occupati della perizia sul cadavere e le persone che frequentavano il seminario. A tutelare gli eredi di don Rocco, che si sono costituiti parte civile, è l’avvocato Libero Coslovich. 

Suggerimenti