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La guardia del museo

«Picchiato e legato
Sapevano bene
cosa rubare»

Polizia a Castelvecchio
Polizia a Castelvecchio
Polizia a Castelvecchio
Polizia a Castelvecchio

È tornato al lavoro, in Tribunale. «Anche se adesso sono senza macchina...», racconta. Quattro giorni dopo la rapina, quattro giorni dopo la pistola puntata alla tempia. «Ma non ho avuto paura», spiega F., la guardia giurata testimone del «colpo del secolo», «ho capito subito che quelli erano professionisti. E che se non avessi fatto colpi di testa non avrebbero sparato». Scosso, quello sì, ma di quel giovedì sera sembra ricordare più o meno tutto.

«COLPITO DA DIETRO». Prima di vedere i ladri, li ha sentiti. «Stavo parlando con la cassiera, ho sentito un pugno sulla schiena e sono piombato a terra». Poi viene legato stretto assieme alla cassiera. «Saranno state le 19.30», racconta, «penso che tutto sia durato non più di un’ora». Appena lui prova ad alzare lo sguardo verso i ladri, loro alzano la canna della pistola: «Non parlavano, facevano appena “mmh“ con la bocca e mi facevano cenno di tenere lo sguardo basso. Facendomi capire che così non mi sarebbe successo nulla».

«USATO COME SCUDO». Poi la guardia viene fatta alzare e portato di sopra (gli slegano i piedi), sempre con la pistola puntata addosso. «Penso mi usassero come scudo, nel caso fosse arrivato qualcuno». Loro hanno continuato a non dire nulla, lui ha sempre tenuto la testa bassa: «Andavano sicuri da un dipinto all’altro, credo che sapessero bene cosa prendere». Un copione sempre uguale: arma spianata contro di lui, l’ordine muto di seguirlo passo a passo e di non fare nulla che uscisse dal «copione». Poi viene nuovamente legato, non prima che gli rubino le chiavi della sua automobile.

LA LIBERAZIONE (E I DUBBI SULL’ALLARME). A liberarlo arriva la cassiera, che era riuscita a divincolarsi. A quel punto il vigilante ha finalmente potuto chiamare la polizia («che è arrivata praticamente subito»). Perché i soccorsi non sono giunti prima che i due sequestrati si liberassero? È uno dei molti punti oscuri di tutta la vicenda. «Non lo so, comunque tutto è successo molto in fretta...», spiega. F. è già stato sentito dal sostituto procuratore Gennaro Ottaviano, che coordina le indagini e che ha voluto sentire subito quella che è stata la persona che ha avuto più contatti con i tre rapinatori. «Non li ho mai uditi parlare e vedevo soltanto gli occhi», conferma, «e comunque cercavano di farsi guardare il meno possibile»

«QUESTE COSE SUCCEDERANNO ANCORA...» . L’uomo sembra tranquillo, nonostante tutto. «Se ho avuto paura di morire? Sinceramente no. Tutto questo fa parte del mio lavoro. E penso che sono cose che, per come va il mondo, succederanno ancora ad altri miei colleghi... ». Intanto per lui tutto è tornato quasi alla normalità. «Anche se mi tocca andare a piedi», sbuffa, «spero davvero che ritrovino la macchina».

Riccardo Verzè

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