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Pfas, denuncia di Greenpeace:
«In città limiti superati due volte»

La centrale di Acque Veronesi nella zona di Porta Palio dove un pozzo  era risultato contaminato
La centrale di Acque Veronesi nella zona di Porta Palio dove un pozzo era risultato contaminato
La centrale di Acque Veronesi nella zona di Porta Palio dove un pozzo  era risultato contaminato
La centrale di Acque Veronesi nella zona di Porta Palio dove un pozzo era risultato contaminato

La presenza di Pfas nell’acqua potabile distribuita dalla centrale veronese di Porta Palio, che era stata scoperta nove mesi fa, ora diventa un caso legale. Ieri, infatti, l’associazione ambientalista Greenpeace ha presentato un esposto alla Magistratura, nel quale esprime dubbi su quanto è stato fatto a tutela della salute pubblica. Perplessità che, però, vengono confutate dagli enti e le istituzioni coinvolte.

Il tema è quello di un inquinamento delle acque potabili che era avvenuto nel marzo scorso. Una situazione che si è poi scoperto essere dovuta ai reflui di un’attività di lavaggio, e che aveva portato alla chiusura di uno dei pozzi dell’impianto cittadino di diffusione dell’acqua.

«Grazie ad un’istanza di accesso agli atti presentata in Regione abbiamo scoperto due anomalie», spiega Giuseppe Ungherese, il responsabile della campagna inquinamento di Grenpeace. «Il 21 febbraio scorso, a fronte di un primo sforamento dei limiti non è successo nulla, mentre il successivo 9 marzo (quando le istituzioni sono intervenute, ndr) i parametri di riferimento sono stati superati in più pozzi ma sono state comunicate ai cittadini solo alcune delle informazioni note alle autorità».

E l’ambientalista fa un elenco di quelle che egli definisce come incongruità: «I dati delle analisi di Arpav relativi al 21 febbraio mostrano una concentrazione di Pfos (uno dei composti della famiglia dei Pfas, ndr) pari a 41 nanogrammi per litro, ben al di sopra della concentrazione consentita nell’acqua potabile in Veneto che è pari a 30 nanogrammi; di questo superamento non vi è però traccia sui siti web dell’ente gestore, Acque Veronesi, dell'Ulss 9 Scaligera e della Regione, né tanto meno risultano evidenze pubbliche di chiusura del pozzo inquinato».

L’associazione ambientalista, quindi, ritiene «che non siano state messe in atto le misure necessarie per tutelare efficacemente la salute umana», e per questo si è rivolta alla Procura di Verona.

D’altronde, Greenpeace afferma che «dall’analisi dei dati ottenuti da Arpav emergono evidenti contraddizioni anche in merito allo sforamento del 9 marzo».

«Acque Veronesi, tramite un comunicato stampa diffuso il 14 marzo, ha reso pubblico il superamento di 3 nanogrammi rispetto ai limiti adottati in Veneto, comunicando che questo fatto sarebbe avvenuto in uno solo dei pozzi della centrale di Porta Palio», aggiunge Ungherese.

«I documenti dicono invece che ci sono stati sforamenti in due impianti di prelevamento dell’acqua, con valori quasi doppi, 52 nanogrammi per litro, rispetto ai limiti; questo fatto pone seri interrogativi sulle capacità delle autorità regionali di gestire situazioni di questo tipo».

LA RISPOSTA. A fronte di queste affermazioni, Acque Veronesi precisa: «Il 21 febbraio l’Ulss 9 ha prelevato un campione dell’acqua immessa in rete dalla centrale idrica di Porta Palio che è poi stato analizzato dall’Arpav, la quale ha comunicato i risultati parziali di tali verifiche il 9 marzo». Insomma non ci sarebbero state due analisi con due sforamenti dei limiti, bensì solo una. «Contestualmente», continua la nota della società presieduta da Niko Cordioli, «l’Ulss ha comunicato ad Acque Veronesi la non conformità riscontrata ed ha effettuato nuovi campionamenti su tutti i pozzi della centrale di Porta Palio».

«Acque Veronesi, ricevuta la comunicazione, ha quindi provveduto all’immediata chiusura di tutta la centrale di distribuzione, mettendo da subito in atto tutte le azioni correttive necessarie a garantire la fornitura d’acqua conforme ai requisiti di legge per tutta la zona», fa sapere l’azienda, affermando che «in occasione di quegli eventi le comunicazioni intercorse tra Comune, Ulss, Consiglio di bacino, Arpav e società di gestione sono state puntuali ed esaustive», e, inoltre, che «gli enti hanno anche avviato immediatamente la ricerca delle cause dell’inquinamento, interessando la Procura».

Luca Fiorin

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