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Penne nere in Bra
Dalla storia ai droni
145 anni al servizio

Il drone usato dalla Squadra Volo negli scenari di emergenza
Il drone usato dalla Squadra Volo negli scenari di emergenza
Il drone usato dalla Squadra Volo negli scenari di emergenza
Il drone usato dalla Squadra Volo negli scenari di emergenza

Verona fa un altro passo avanti nella corsa per ospitare l’adunata nazionale degli alpini nel 2020: l’obiettivo è ancora più alla portata da qualche giorno, con la città scaligera diventata la candidata ufficiale sostenuta da tutto il Triveneto. In attesa che i vertici nazionali dell’Ana, Associazione nazionale alpini, si esprimano, regalando questa festa alla città proprio nel centenario della nascita della locale sezione, ieri e oggi piazza Bra si gode un assaggio, con una serie di eventi in occasione del 145esimo anniversario della fondazione delle Truppe Alpine.

E la piazza si è attrezzata con tende, un ospedale da campo, rocciatori, droni e unità cinofile per raccontare ai cittadini, e soprattutto alle nuove generazioni, che cosa significhi essere alpini oggi.

«Ai ragazzi servono emozioni ed esempi positivi contro il disimpegno di questi tempi tra smartphone e computer», sottolinea Luciano Bertagnoli, presidente di Ana Verona, al momento dell’inaugurazione. «Siamo qui oggi per mostrare qual è il valore delle persone, per dire che è degli uomini che si ha bisogno in caso di emergenze».

E di uomini (e donne) di valore c’era pieno, ieri come oggi, in Bra. «Tutti volontari, in rappresentanza delle diverse squadre: dalla squadra volo al nucleo cinofilo per le macerie, dal nucleo incendio boschivo a chi si occupa dell’insacchettamento della sabbia per le alluvioni. Siamo la terza sezione in Italia con 21mila iscritti nei 200 gruppi di Verona e provincia. Da quando la leva non è più obbligatoria il numero di alpini è in calo, ma per fortuna contiamo anche 3mila simpatizzanti, che condividono il nostro ideale».

Un ideale di servizio per il bene della collettività, come sottolinea il generale Amedeo Sperotto, comandante delle Forze Operative Terrestri di supporto: «Il motto di tutte le forze armate è “Noi ci siamo sempre“. Per il corpo degli alpini, in particolare, questo vale anche dopo che si lascia l’uniforme».

Tra le autorità c’è anche Massimo Giorgetti, vicepresidente del Consiglio regionale, anche lui con tanto di penna nera: «Una delle esperienze più formative della mia vita», ricorda. Mentre Ciro Maschio, presidente del Consiglio comunale, rimarca il sostegno dell’Amministrazione alla possibile adunata nazionale in riva all’Adige per il 2020, a trent’anni esatti dall’ultima. Lo stesso sindaco Sboarina ha inviato una lettera alla riunione dei presidenti Ana del Triveneto per ribadire la disponibilità della città quanto a logistica ed ospitalità, per un evento che, si stima, richiamerebbe fino a 400mila persone. «Per noi sarebbe motivo d’orgoglio», dice Maschio, «non solo per la posizione strategica della città ma anche in virtù del forte legame di Verona con le truppe alpine».

Presi d’assalto dai bambini gli stand con la prova di scalata e di spegnimento incendio, seguitissimi i percorsi dei cani da ricerca al seguito del loro conduttore. I più grandi chiedono informazioni sul drone di 11 chilogrammi, con tanto di telecamera termica, utilizzato dal Reparto Volo che ha sede a Boscomantico per far fronte senza pericoli, grazie al sistema a pilotaggio remoto certificato dall’Enac (Ente nazionale aviazione civile), alla ricerca di persone in situazioni critiche, in montagna o tra le macerie pericolanti.

Ma in piazza sfila anche la storia del corpo, ricostruita dal Centro studi dell’Ana veronese sotto la guida del vicepresidente Giorgio Sartori, a partire dalla fondazione nel 1872, alla nascita delle Penne Nere veronesi sei anni dopo con le prime caserme a Caprino, Boscochiesanuova e nella sede storica del VI Reggimento di via del Pontiere, alla battaglia d’Africa del 1896 e a quella di Malga Zurez, sopra Nago, poco conosciuta perché censurata dai vertici per nascondere i tanti morti veronesi. «Dopo un anno di ricerche siamo riusciti a ricostruire esattamente la divisa storica in lana con le ghette, gli scarponi chiodati e il materiale usato dagli Alpini durante la prima guerra mondiale», spiega Sartori. «Ogni soldato aveva fucile, elmetto, giberna, zaino con la coperta e un quarto dell’equipaggiamento, dalle tele ai pali ai picchetti, necessario a costruire una tenda Bucciantini».

Oggi alle 9.30 ritrovo al Sacrario Militare del Cimitero Monumentale per un omaggio ai caduti, prima di sfilare per il centro con arrivo in Bra, quindi deposizione di una corona alla Targa del 6° Alpini. Alle 11, il vescovo Giuseppe Zenti celebrerà la messa sulle scalinate di Palazzo Barbieri con il cappellano della sezione, don Rino Massella. Chiusura con la Fanfara e il Carosello in piazza Bra.

Elisa Pasetto

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