La prima ha il grembiule, i guanti di gomma, e tiene in mano una scopa. Ai suoi piedi, il cartello: «Mio marito sì che era stanco. E io non gli ho neanche preparato la cena». La seconda, camicetta e mini di jeans, regge un libro universitario. Il suo fumetto: «Il mio ragazzo è geloso perché tiene a me. Effettivamente ho indossato una gonna troppo corta». La terza è in tailleur nero e ventiquattrore: «Non è vero che sono più capace di mio marito. Come dice lui, sono solo fortunata».
La casalinga, la studentessa, la lavoratrice. Donne-simbolo, immobili e zitte, in mezzo a piazza Bra. Tantissimi si sono fermati a osservarle, ieri alla Festa del volontariato, accorgendosi che erano accomunate da un particolare. Tutte portavano sul viso un vistoso livido violaceo: dipinto con il trucco, quello, ma dolorosa realtà per troppe fidanzate, compagne e mogli.
È la provocazione, semplice quanto efficace, che ha voluto mettere in scena il Telefono Rosa. L’associazione si occupa di contrastare la violenza sulle donne. Una violenza che può essere fisica e sessuale, come tristemente ricordano i numerosi fatti di cronaca, ma anche più subdola e facilmente nascosta tra le mura di casa: psicologica, economica, indiretta (quella subita dai bambini esposti a scene di aggressione in famiglia), o catalogata come «stalking», le persecuzioni anche tramite sms, telefonate o internet.
«La violenza non è mai giustificata, chiamaci»: a questo appello le volontarie del Telefono Rosa hanno allegato il numero per ricevere ascolto, consulenza e aiuto gratuiti: 045/8015831. Paola Zamboni, vice presidente della onlus, spiega: «Abbiamo ripetuto in piazza Bra la performance delle “statue viventi“ già proposta al mercato dello Stadio. Incitiamo le donne a non tollerare scuse sulla violenza. Spesso, infatti, sono le prime ad attribuirsi la colpa delle vessazioni patite e a non avere il coraggio di uscire dalla spirale della paura. Ma non c’è scusa che tenga». L.CO.