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IL CASO

Marco, scoppia la guerra fra tribunali
E il caso del bimbo finisce in Parlamento

Anche Fontana s’è rivolto al Guardasigilli. E Valdegamberi: «So che il piccolo è depresso. Adesso basta»
Si apre un nuovo scontro per l’affido di Marco
Si apre un nuovo scontro per l’affido di Marco
Si apre un nuovo scontro per l’affido di Marco
Si apre un nuovo scontro per l’affido di Marco

La virtù, stavolta, non sta nel mezzo. Nel mezzo c’è invece Marco, il piccolo di tre anni vittima dell’impasse giudiziaria in cui si s’è impantanata la sua vita. Il bambino dal 13 dicembre scorso vive in una comunità, in attesa di essere adottato. Da quel giorno, cioè da quando il tribunale dei minori di Venezia ha deciso che quella fosse per lui la sistemazione migliore, i genitori affidatari, quelli che l’hanno cresciuto per due anni e mezzo e che hanno chiesto di diventare a tutti gli effetti adottivi, sono stati autorizzati ad andarlo a trovare in istituto ogni settimana.

E come può stare una creatura così piccola, incapace di capire in che guaio grande è finito, nel momento in cui a fine giornata deve salutare quelli che ha sempre chiamato mamma, papà e fratelli? Piange, racconta chi sa, si intristisce, si innervosisce, regredisce in comportamenti che denunciano la sua sofferenza e la sua tristezza. Ma non importa, «si deve abituare» hanno motivato gli addetti ai lavori. La novità più devastante di tutta questa storia è il dietrofront del 13 febbraio quando, sempre il Tribunale, ha emesso un decreto in cui, stravolgendo completamente i precedenti diktat, ordina l’interruzione delle visite tra Marco e i genitori affidatari. Perchè? Perchè nel frattempo - raccontano sempre i bene informati - sarebbe stata individuata un’altra coppia autorizzata ad avere definitivamente il piccolo, e che inizierà ad andarlo a trovare in comunità al posto dell’altra, quella che lui ritiene «l’unica vera». Insomma, per chi ha deciso, si tratta di un semplice cambio: Marco deve dimenticare i vecchi genitori e iniziare a conoscere quelli che diventeranno i suoi nuovi mamma e papà. Non resterà comunque mai solo.

Ma non finisce qui. A contrastare questa decisione del Tribunale, andando in direzione completamente opposta, è arrivato ieri un pronunciamento della Corte d’Appello: in mezzo, si diceva, non ci sta la virtù ma la vita di un bambino sballottato di qua e di là. Il documento invita «in attesa dell’espletamento delle perizie tecniche disposte dai giudici (sulla mamma naturale del bambino, sui nonni e sui genitori affidatari, ndr), di agevolare ed estendere gli incontri del minore con la famiglia degli affidatari».

In sintesi: per il Tribunale basta contatti tra Marco e chi l’ha cresciuto, per la Corte invece questi contatti vanno incrementati, in attesa di verificare cosa uscirà dalla perizia, che magari arriverà a provare che il bimbo può tornare a chi è stato tolto, addirittura alla sua giovane mamma naturale.

 

Il sindaco Federico Sboarina è allibito. «Nel giro di pochi giorni c’è stato un autentico corto circuito fra gli uffici giudiziari sulla pelle di questo povero bambino», tuona alla lettura dei due dispositivi, «il Tribunale decreta l’interruzione dei contatti con la famiglia affidataria mentre la Corte d’Appello sembra chiedere di mantenere la situazione immutata e di estendere gli incontri. Siamo di fronte ad una situazione gravissima e incomprensibile e per questo ho chiesto al ministro Alfonso Bonafede di verificare l’operato del Tribunale, per capire come si sia potuto verificare un simile black out». Mentre i Servizi del Comune da mesi sono giornalmente impegnati nel monitoraggio dello stato psicologico del bambino, «là ognuno sembra andare per la sua strada», continua Sboarina, «come se si trattasse di prendere decisioni su un caso qualsiasi: il benessere di Marco non appare esattamente al centro delle preoccupazioni di qualche giudice. Noi abbiamo sempre lavorato per garantire una stabilità e la migliore sistemazione per il suo futuro, altri invece fanno i passacarte. Questa è una follia, ora deve esserci qualcuno che pone fine a questo giro a vuoto di carte e si occupi sul serio della stabilità di una creatura di tre anni».

Sempre ieri pomeriggio l’assessore ai servizi sociali del Comune Stefano Bertacco è intervenuto sulla vicenda in Senato appellandosi al Ministro per la famiglia e quello della Giustizia chiedendo «di intraprendere tempestivamente ogni iniziativa anche di natura ispettiva per garantire l'effettiva tutela del minore». E Fontana ha scritto al Guardasigilli auspicando «che gli organi giurisdizionali facciano chiarezza per tutelare il piccolo che merita di tornare tra le braccia di chi gli vuole bene. La distonia tra i provvedimenti del tribunale e della Corte d'Appello è un elemento di inciampo», spiega il ministro, «e Marco merita chiarezza sul suo destino, che noi tutti auspichiamo possa essere in famiglia, quanto prima».

Ha fatto esplodere la sua indignazione anche Stefano Valdegamberi, consigliere regionale: «Sono passati 70 giorni da quando Marco è stato strappato alla famiglia affidataria e ai nonni. Nulla da allora è ambiato. Anzi, mi giungono informazioni che la situazione sia sempre più drammatica: prima il bambino era solare, socievole, adesso non é sereno e pare che questo stato si stia trasformando in depressione. Mi rivolgo al Garante dei diritti della persona della Regione chiedendo da subito un’ispezione e, qualora siano accertate le mie informazioni, lo invito a procedere a denunciare penalmente i responsabili di queste assurde situazioni». •

Camilla Ferro

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