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«Ma per gestire la lirica
si deve fare una società»

(...)Le polemiche sulle gestioni, sui costi, sulla produttività sembrano quindi inevitabili, mentre i debiti aumentano e diventano insostenibili.

Dunque prima o poi l’Arena chiuderà. Il pericolo è molto serio. Se non si cambia mentalità, modello, politica di gestione si arriverà alla chiusura, magari dopo qualche stagione penosa; perché senza soldi si fa poca cultura e non si rappresentano opere di qualità. Proponiamoci quindi di cambiare pagina.

Cominciamo con il dire che fare lirica a Verona è mostrare il lato bello di una città bellissima. Basterebbe quello che gli stranieri chiamano “atmosphere”, per amare il festival areniano o, per lo meno, decretarne la vitalità.

Gli spettatori dell’Arena sono poi dieci volte di più di quelli della Scala di Milano. E allora vogliamo tenerci questa cosa speciale della nostra città, dalla quale sono emigrate grandi istituzioni finanziarie, si è chiusa una parte della produzione industriale, si è persa anche la caratteristica di essere un crocevia ed una porta verso l’Europa. Una città nella quale non c’è il festival della letteratura, quello della poesia, della filosofia.

Dobbiamo conservare allora almeno il festival della lirica! Ma ci conviene? Noi pensiamo di sì. Se vogliamo essere prosaici, dobbiamo pensare che la lirica porta a Verona l’1% del Pil della Provincia. Se vogliamo essere prosaici, dobbiamo capire che i nostri alberghi, i nostri ristoranti, i nostri caffè si riempiono d’estate anche perché 500 mila persone più o meno (e tra il più e il meno la differenza è rilevante) vanno in Arena. Dunque proviamo a tenercela.

Chiediamoci allora come fare lirica a Verona. E’ errato pensare che la qualità della rappresentazione sia un lusso che non possiamo permetterci. E’ vero che i grandi maestri, i grandi cantanti, i grandi registi, i grandi scenografi costano molto. E’ vero anche che la musica che si produce oggi in Arena non è certo sublime, anzi. E l’orchestra che serve non è certo quella attuale. La qualità dell’orchestra può migliorare aumentando le produzioni, scegliendo un giovane direttore d’orchestra residente, combattendo quelle sacche di disinteresse che un malinteso spirito sindacale ha creato tra gli organici.

I laboratori della Fondazione Arena sono ad un livello molto elevato e possono essere produttivi in altri teatri.

Un sovrintendente-manager, affiancato da un buon direttore artistico è in grado di trovare un equilibrio tra costi e qualità, programmando, con molto anticipo le produzioni (e quindi risparmiando sugli ingaggi), scambiando con altri teatri gli allestimenti e i costumi, riducendo il numero delle rappresentazioni areniane, ma cercando di riempire l’anfiteatro, attraendo per la qualità gli spettatori e rifiutando le stanche repliche con il teatro semivuoto. Un Consiglio di Indirizzo caratterizzato da esponenti del mondo teatrale, amministrativo e finanziario, sapranno indirizzare le scelte opportune.

Dobbiamo farci quindi una terza e decisiva domanda: con i soldi di chi fare lirica a Verona? Anche qui occorre esser molto realisti: lo Stato dà sempre meno e così sarà anche in futuro. I sovventori privati, dopo la stagione 1996-2005 (quella della trasformazione degli enti lirici) sono pochi e non certo entusiasti della destinazione dei loro soldi. Gli sponsors scarseggiano, ritenendo di essere scarsamente visibili. E allora? Allora occorre puntare su di un circuito virtuoso, nel quale la qualità della rappresentazione diventi il magnete che calamiterà gli spettatori. E le prime debbono tornare ad essere occasioni mondane internazionali.

Il prodotto delle rappresentazioni può essere esportato nel mondo, se la trasferta non si trasforma in una gita sociale. I Berliner hanno un calendario di tournée pieno per i prossimi cinque anni. In questo modo la gestione economica potrà affrancarsi, per una buona parte, dalle sovvenzioni pubbliche per effetto degli incassi. Le imprese veronesi e venete (ma non solo) potranno investire la loro immagine ed i loro denari (per il 65% deducibili fiscalmente) nel marchio Arena, che avrà così un richiamo forte.

Per rendere chiara la novità ed il mutamento di gestione, ma anche per rendere profittevoli tutti gli interventi, occorre creare una società commerciale che gestisca il marchio, il festival, la pubblicità e le attività connesse, che sappia raccogliere un fund raising a livello diffuso tra chi, sostenendo l’Arena, avrà un trattamento privilegiato come spettatore e come sponsor. I contributi pubblici continueranno ad avere importanza, ma dovrà essere la forza dell’iniziativa privata a trascinare la nuova e proficua gestione.

E adesso chiediamoci realisticamente: cosa ci guadagna il privato che investe nella lirica a Verona? Occorre distinguere tra il melomane, che spesso non ha grandi mezzi economici, il quale trae dal festival areniano piacere intellettuale e chi investe per ricavarne visibilità, come avviene per gli sponsor storici de La Scala di Milano o quelli della Città della Musica di Roma. La società che gestirà la lirica a Verona deve vedere una partecipazione molto larga. Il governo della società dovrà garantire l’efficienza decisionale e dovrà essere ristretto, mentre la base sociale dovrà essere molto larga. Il nostro paese, a differenza di quelli anglosassoni, non conosce molte società ad azionariato diffuso. Verona potrebbe costituire un primo importante esempio.

Ogni produzione teatrale avrà i suoi sponsor e tutte le informazioni su quella produzione viaggeranno insieme alle sponsorizzazioni. In questo modo ogni euro investito troverà la sua giustificazione: per il 65% sarà dedotto dalle imposte, per il restante 35% soddisferà chi ama la musica e chi vuole mandare il giusto messaggio per la propria azienda.

Noi siamo convinti che fare è più produttivo che criticare e le nostre considerazioni sono un invito a ragionare, ad intervenire, a risolvere.

E allora rivolgiamo a chi legge queste nostre considerazioni l’ultima domanda: ce la faranno i veronesi a tenersi il festival della lirica e a farne un richiamo per il mondo intero? O Verona resterà solo la città di Giulietta, bella e vivibile, ma incompleta?

Giuseppe Manni

Giovanni Maccagnani

Lamberto Lambertini

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