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Sale slot nel mirino

Il Comune di Verona
dichiara guerra
alla ludopatia

Giocatori in un sala slot: il Comune è in prima linea per la prevenzione della ludopatia
Giocatori in un sala slot: il Comune è in prima linea per la prevenzione della ludopatia
Giocatori in un sala slot: il Comune è in prima linea per la prevenzione della ludopatia
Giocatori in un sala slot: il Comune è in prima linea per la prevenzione della ludopatia

Nella guerra alla ludopatia il Comune rilancia la sfida per fermare un fenomeno che sta ormai diventando una vera e propria epidemia sociale. La dipendenza da gioco non risparmierebbe nemmeno i bambini. Nel territorio comunale di Verona sono presenti quasi 1.700 macchinette per il gioco d’azzardo legale, fra videopoker, slot machine, videolottery. Tutte regolari, ovviamente. Ma non sempre le regole vengono rispettate.

«Ci sono orari ben precisi stabiliti da un’ordinanza del sindaco», esclama l’assessore al commercio Marco Ambrosini, «e cioè dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 22 ma non sempre tali disposizioni vengono messe in pratica, per questo la polizia municipale è costantemente al lavoro per controllare e sanzionare i trasgressori... Sono una decina i locali che hanno subito una sospensione temporanea di tale attività e i controlli proseguiranno capillarmente».

Spesso sono i cittadini a segnalare direttamente ai vigili o alle altre forze dell’ordine il mancato rispetto degli orari - fenomeno che pare particolarmente esteso - che per regolamento devono essere affissi all’entrata del locale.

Nei giorni scorsi, tuttavia, il giudice civile Massimo Vaccari aveva accolto un’istanza da parte dei gestori della catena Admiral. Il risultato è che per alcune decine di macchinette che avrebbero dovuto fermarsi per sette giorni, nei due locali di corso Milano e via Golosine, il provvedimento non è entrato in vigore. In attesa dell’udienza in tribunale fissata per il 6 ottobre. Raggiunto dalla notizia, dai fiordi della Norvegia il sindaco Flavio Tosi avrebbe ordinato l’immediata costituzione in giudizio.

La sospensione delle attività per sette giorni scatta con la seconda violazione, punita anche con una multa di 450 euro (la prima «costa» 300 euro). Dalla terza la sospensione è invece di 30 giorni. «Tali misure accessorie sono le più temute poiché colpiscono al cuore dell’infrazione» afferma Ambrosini che però si dice ottimista sull’esito del contenzioso.

«Sia la delibera che l’ordinanza», fa sapere, «che prevedono precise sanzioni, sono già state impugnate al Tar da un’altra società che gestisce sale giochi, ma, in entrambi i casi, il giudice amministrativo ha respinto la richiesta di sospensiva». Tra l’altro, l’ordinanza, emessa lo scorso 14 luglio, condanna i ricorrenti a rifondere al Comune le spese giudiziarie. «Il provvedimento impugnato», si legge nel dispositivo, «appare congruamente motivato e sorretto da adeguata istruttoria».

Il giudice civile che ha accolto la richiesta di sospensiva presentata dagli esercenti che erano già stati sanzionati in precedenza dalla polizia municipale, è una «vecchia conoscenza a Palazzo Barbieri». È lo stesso magistrato, infatti, che aveva contestato la legittimità delle sanzioni comminate attraverso le telecamere, come ai varchi della Ztl, sulle corsie preferenziali di viale Piave. In seguito la Cassazione ha dato ragione al Comune.

«Il giudice», mette in chiaro l’assessore, «ha disposto la sospensione in due casi, ma ovviamente, ciò non inficia minimamente la validità dell’ordinanza, per cui i controlli proseguiranno, noi di sicuro non ci fermiamo». Il provvedimento del magistrato fa appello a un presunto difetto di potestà sanzionatoria del Comune. Sospendere l’attività delle slot sarebbe prerogativa, secondo tale interpretazione, del prefetto.

Ma Ambrosini non ci sta. «Il Comune si è mosso su una materia di sua competenza, gli orari, e non sull’autorizzazione all’apertura delle sale gioco, per cui l’ente deve vigilare sulla corretta applicazione dell’ordinanza. Siamo fiduciosi», torna a ribadire, «che il 6 ottobre venga chiarito l’equivoco una volta per tutte e che il giudice civile riconosca la validità dei provvedimenti impugnati».

Enrico Santi

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