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IL PROCESSO DI VERONA

Lega, prosciolte
le "camicie verdi"
Esulta Calderoli

Roberto Calderoli: "Giustizia è fatta"
Roberto Calderoli: "Giustizia è fatta"
Roberto Calderoli: "Giustizia è fatta"
Roberto Calderoli: "Giustizia è fatta"

Il gup di Bergamo Tino Palestra ha optato per il "non luogo a procedere" per le 31 persone appartenenti alle cosiddette "camicie verdi" appartenenti alla "Guardia nazionale padana" della Lega Nord e nei confronti delle quali a ottobre il pm aveva chiesto il rinvio a giudizio perché accusate di aver «aver promosso, costituito, organizzato o diretto un’associazione di carattere militare». L’inchiesta risale al 1996: ora si attendono 30 giorni per conoscere le motivazioni della decisione del gup.

«Verrebbe da dire giustizia è fatta davanti alla notizia dell'assoluzione piena dei 34 cittadini eternamente imputati nel processo a Verona sulle 'camicie verdi'.
Ma in questo momento insieme alla soddisfazione per la conclusione di questa assurda e lunghissima vicenda processuale, c'è anche un senso di frustrazione e rammarico, perché questo processo, così lungo, impegnativo e costoso, non avrebbe mai dovuto neppure iniziare, trattandosi solo di opinioni liberamente espresse, senza che mai ci fosse stato un singolo atto di violenza o prevaricazione». Lo ha scritto su Facebook Roberto Calderoli, vice presidente del Senato della Lega Nord.
«Questo processo alle idee non doveva mai neppure iniziare e invece si è trascinato quasi per vent'anni e questo rappresenta una sconfitta, in primis per la procura di Verona che fino ad oggi fortemente si è imputata su questo processo, senza mai neppure arrivare ad una sentenza in conclusione di un dibattimento di primo grado, ma soprattutto per la giustizia italiana, che ha tenuto per quasi vent'anni questi 34 uomini in ostaggio di un processo basato sul nulla» ha concluso.

In passato, tra le "camicie" sotto accusa c’erano anche i big del Carroccio: Umberto Bossi, Roberto Maroni, Francesco Speroni, Roberto Calderoli, Mario Borghezio, Giancarlo Pagliarini e Marco Formentini. Poi tutti prosciolti perchè il Senato e la Camera avevano decretato ’l’insindacabilità delle condotte degli imputati parlamentarì, ritenendo che ’l’associazione camicie verdi non fosse che un servizio d’ordine simile a quelli organizzati da altri partiti in occasione dei comizi o delle manifestazioni di piazza.
L’inchiesta era continuata per gli altri 31 indagati, tutti lombardi: nel 2010, a Verona (dove risiedeva la maggior parte dei coinvolti), era arrivato il primo rinvio a giudizio. Poi, a
18 anni dall’inizio delle indagini, la competenza era passata al tribunale di Bergamo: nel settembre del 2014, il tribunale di Verona aveva infatti accolto l’eccezione di incompetenza territoriale presentata dall’avvocato di uno degli accusati.
Infatti l’atto costitutivo dell’associazione venne siglato a Pontida nel giugno del 1996, durante uno dei raduni del Carroccio: venne fondato il ’Comitato di liberazione della
Padanià che - si leggeva nello statuto - «si dota di un servizio d’ordine organizzato nell’ambito dei territori della Padania, che viene denominato Camicie verdi». Il debutto della
’Guardia nazionale padanà pochi giorni dopo a Stezzano, sempre nella Bergamasca.
Negli ultimi anni il processo era tornato più volte in udienza preliminare, in attesa dei pareri delle Camere, della Corte costituzionale e dell’assemblea di Strasburgo. E ogni
volta i termini venivano sospesi. Oggi, a quasi vent’anni dall’avvio dell’ inchiesta, il tutto si è chiuso con un nulla di fatto.

 

 

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