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La morte di «Mano» tra bugie e alibi fasulli

La Scientifica sul luogo dell’omicidio, nel settembre 2015
La Scientifica sul luogo dell’omicidio, nel settembre 2015
La Scientifica sul luogo dell’omicidio, nel settembre 2015
La Scientifica sul luogo dell’omicidio, nel settembre 2015

È stata fissata l’11 novembre l’udienza preliminare, davanti al giudice Giuliana Franciosi, per l’omicidio di Romano Perantoni, ucciso nella sua casa di Pastrengo il 12 settembre dello scorso anno. E Fabio Terracciano, fabbro quarantenne di Lazise, è l’unico imputato per la morte di «Mano», sessant’anni, da almeno quattro lustri coinvolto nelle grandi inchieste sul traffico di stupefacenti. Nel 2014, insieme ad altre quattro persone, era accusato di gestire un giro di spaccio nella zona del Garda.

Un uomo diffidente, la vittima, non dava confidenza a nessuno e non avrebbe fatto entrare uno sconosciuto in casa sua. Nessuno lo udì urlare o chiedere aiuto, era un uomo massiccio e in casa non c’erano segni di una colluttazione: non si era difeso, ulteriore elemento che induce a sostenere che non solo conosceva il suo assassino ma che di lui addirittura si fidava al punto da dargli le spalle.

Fu questo il punto di partenza dell’indagine che, tre mesi dopo il delitto, indusse il pm Nicola Scalabrini a disporre il fermo per l’artigiano che con Perantoni aveva un debito di 1.500 euro per acquisti di droga non pagati. Un fermo poi convalidato dal gip Livia Magri sulla base di un quadro indiziario appesantito soprattutto dal comportamento tenuto da Terracciano (difesa Massimo Dal Ben e Gianluca Vassanelli).

Ai carabinieri mentì, fornì alibi poi non confermati, parlando da solo in auto si lasciò scappare quel «i sa tuto» e altre considerazioni su chi lo aveva indicato come colui con il quale Perantoni aveva discusso per denaro. Queste le «ombre» e poi gli spostamenti nel giorno del delitto. L’autopsia ha stabilito che il decesso è avvenuto dopo due ore da un pasto, la vittima e Terracciano sono stati visti insieme al bar nel pomeriggio ma chi, alle 18, doveva consegnare la pizza a «Mano» è rimasto fuori dalla porta. La vittima è stata colpita alla testa, da dietro, e le ferite alla gola hanno accelerato la morte. Poi le celle telefoniche, gli alibi e le dichiarazioni di altri. Molti elementi sui quali le difese discuteranno, e potrebbero non optare per un rito alternativo.F.M.

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