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DOPO L’ANNUNCIO DI RENZI

«La chiusura
di Equitalia?
Cambierà poco»

L’ingresso di Equitalia, in via Giolfino (Marchiori)
L’ingresso di Equitalia, in via Giolfino (Marchiori)
L’ingresso di Equitalia, in via Giolfino (Marchiori)
L’ingresso di Equitalia, in via Giolfino (Marchiori)

La disillusione è il sentimento più diffuso, perché si teme che «cambierà ben poco al di là dell’insegna fuori dall’ufficio». Ma un pizzico di soddisfazione, quasi di rivalsa, trapela dalle parole di tutti.

Equitalia, la tanto odiata società pubblica di riscossione, chiuderà entro sei mesi e le sue funzioni saranno trasferite all’Agenzia delle entrate. L’ha annunciato ufficialmente il presidente del Consiglio Matteo Renzi. Ma sono tanti i dubbi che attanagliano i debitori e anche i dipendenti dell’ente.

LA GRIGIA palazzina si staglia in fondo a via Giolfino, vicino al deposito ferroviario di Porta Vescovo. Sopra l’ingresso campeggia la scritta blu «Equitalia», quella che tra sei mesi dovrà essere calata. Dentro, l’ampia sala d’aspetto è piena. Si attende il turno con il biglietto in mano, mentre un monitor e una voce automatica segnalano l’avanzare dei numeri. Sulle pareti, sotto forma di quadri colorati, sono appesi slogan rassicuranti: «Al vostro servizio»; «Una nuova idea di relazione»; «Un Paese più giusto». Ma, stando alle facce tirate degli utenti, sembra chiaro che loro preferirebbero essere altrove.

SI PASSA POI in una seconda sala, ancora più grande, dove si trova una decina di sportelli affiancati. La gente resta in piedi davanti al vetro con l’oblò, come una volta. La scarsità di privacy è stemperata solo dal parlottare ininterrotto fra impiegati e utenti che confonde le voci in un unico incomprensibile caos. Comunque, la casistica di insolvenze è davvero varia – Imu, Irpef, Iva non pagati, bolli auto e multe ignorati, contributi previdenziali e diritti camerali elusi – con qualche storia che sfocia nel paradossale.

Cambierà qualcosa con la chiusura di Equitalia? «Ci credo poco, ma la speranza è che almeno siano usate modalità di riscossione meno vessatorie. E anche migliori dal punto di vista della comunicazione. Io non l’ho saputo subito, per esempio, che era stato avviato un procedimento nei miei confronti. Mi sono sentito attaccato», commenta C.L., un giovane operaio.

Altri utenti temono «code chilometriche all’Agenzia delle entrate, che sarà oberata di nuove competenze». «Guardi la sala piena: già adesso si deve aspettare un sacco di tempo», sbotta un signore. Altri, viceversa, si augurano che «la soppressione dell’ente porti un risparmio alle casse pubbliche».

«LA CHIUSURA di Equitalia non cambierà nulla. È la tassazione che va radicalmente rivista», si lamenta M.S., imprenditore da trent’anni nel settore grafico. «Penso che il mondo dell’impresa esulterebbe molto di più se venisse sdoganato il sistema del versamento dell’Iva all’incasso. Invece, per una certa fascia di fatturazione, lo Stato pretende entro un mese il 22 per cento su quanto ho lavorato, nonostante io incassi i soldi solo dopo 60, talvolta 90 giorni. Gli enti pubblici, poi, pagano ancora più tardi», continua. «Non ho versato allo Stato quanto richiesto? Mi arriva la cartella esattoriale. Ma Equitalia non aiuta me a riscuotere quanto mi spetta dai clienti insolventi. Devo pagarmi l’avvocato. È questa la vergogna».

«LO STATO si è accorto di avere troppi crediti inesigibili. Così dà un colpo di spugna, nel tentativo di recuperare qualcosa condonando gli interessi», è il parere di D.F., rivenditore d’auto.

E i dipendenti? A loro è vietato rilasciare dichiarazioni, ma fuori intervista la preoccupazione maggiore riguarda l’incognita sul posto di lavoro. Passeranno all’Agenzia delle entrate: «Ma con quali modalità?»

Lorenza Costantino

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