<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">
I funerali del giovane pony-pizza

L'ultimo saluto a Tommaso Donisi
«Ricordatemi con una buona azione»

I funerali del giovane pony-pizza
Il funerale di Tommaso Donisi a San Zeno  (Marchiori)
Il funerale di Tommaso Donisi a San Zeno (Marchiori)
Il funerale di Tommaso Donisi a San Zeno  (Marchiori)
Il funerale di Tommaso Donisi a San Zeno (Marchiori)

Silenzio e attesa. In piazza San Zeno tanti arrivano alla spicciolata e per tempo. Mani che si stringono, donne e uomini, ragazze e ragazzi. Un bambino piange. Lontano la sirena di un’ambulanza. Aspettano Tommaso, sotto il sole. È un pomeriggio che fa a pugni con l’idea di un addio. Ma il feretro di legno chiaro che viene portato nella basilica ha dentro il figlio, l’amore e l’amico che se n’è andato: Tommaso Donisi, 28 anni, innamorato della vita, dei viaggi e del suo personale sogno di imprenditore ancora da realizzare. Un incidente lo ha portato via mentre consegnava pizze, un impiego che doveva essere solo una tappa verso il futuro in costruzione. Molti tra i giovani sulla piazza ne hanno uno tutto loro nei pensieri e forse anche per questo stanno così in silenzio.

 

A centinaia, nel presbiterio della basilica, ascoltano, accanto alla mamma Alessandra, al papà Alfeo e alle sorelle Elena e Silvia, le parole dell’abate, monsignor Giovanni Ballarini. Da San Paolo alla Passione secondo Luca le parole che risuonano sono una riflessione intima e comune, con riferimenti espliciti alle troppe cose inutili che oggi chiudono, spesso, l’esistenza in un recinto.
«La vita non è un mistero né un problema, perché altrimenti le scienze umane l’avrebbero già risolto», osserva l’abate. «L’interrogativo porta invece a chiudersi, oppure ad aprirsi». Tommaso, il quale portava anche altri due nomi, Zeno e Alessandro, «non l’ho conosciuto», ammette monsignor Ballarini, «ma da quanto ho capito era un bel tipo, schietto, sincero, vivace, curioso, viaggiatore. Come l’apostolo che cercava le motivazioni, le prove per credere».

 

Cita, l’abate, Ambrogio Fogar, navigatore: «Si va per mare, come si va per terra solo per cercare sé stessi». Un viaggio per trovare la propria essenza che «Tommaso, troppo giovane, non aveva ancora concluso, che continuava senza rassegnarsi». Quasi un parallelo con la sua grande passione per la pesca che monsignor Ballarini affida alle parole del mistico e poeta indiano Swami Paramanada: «La perla di grande valore giace profondamente nascosta. Come un pescatore... tuffati, anima mia, immergiti».

 

Gli amici si riconoscono tutti dagli occhi allo scambio del «segno di pace»: piccoli gesti e sguardi senza parole. Il silenzio resta, interrotto solo da un violino e dall’organo. Alessandra, la mamma, sale al microfono. «Mi chiedesti un giorno, quando non andavi bene a scuola, se avrei voluto un altro figlio ma io volevo solo te. Ho amato la tua sensibilità, il tuo essere del mondo, l’amore che ho visto intorno a te anche in questi giorni. Vorrei ricordarti ridente e felice come la volta in cui nuotasti con uno squalo balena e sapere che ora fai qualcosa che ti piace, dovunque tu sia. Ti mando un bacio». L’applauso, spontaneo, è l’unica infrazione alla regola, non scritta, del silenzio.


Monsignor Ballarini legge uno scritto di Tommaso, qualcosa che aveva lasciato dietro di sé, un testamento morale prima che biologico: «Verrà il giorno in cui il mio corpo giacerà su un lenzuolo bianco... non cercate di prolungare la mia vita artificialmente e non chiamatelo letto di morte ma di vita e lasciate che tutte le parti del mio corpo vengano utilizzate perché altri possano vivere meglio... e se vorrete ricordarvi di me fatelo con una buona azione o una parola di conforto per qualcuno che ha bisogno di voi. Se farete tutto ciò io vivrò per sempre». L’accenno di un altro applauso si spegne sul nascere. Il silenzio, talvolta, fa concreta la presenza.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

Paolo Mozzo

Suggerimenti