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Inferno in autostrada per la nebbia: 22 incidenti Un morto e 37 feriti

Nella nebbia le sagome di auto distrutte e persone: inferno sulla A22 per una serie di tamponamenti che hanno provocato un morto e 37 feriti di cui 6 gravi. Nel riquadro Dino Ghezzi, la vittima
Nella nebbia le sagome di auto distrutte e persone: inferno sulla A22 per una serie di tamponamenti che hanno provocato un morto e 37 feriti di cui 6 gravi. Nel riquadro Dino Ghezzi, la vittima
Nella nebbia le sagome di auto distrutte e persone: inferno sulla A22 per una serie di tamponamenti che hanno provocato un morto e 37 feriti di cui 6 gravi. Nel riquadro Dino Ghezzi, la vittima
Nella nebbia le sagome di auto distrutte e persone: inferno sulla A22 per una serie di tamponamenti che hanno provocato un morto e 37 feriti di cui 6 gravi. Nel riquadro Dino Ghezzi, la vittima

Inferno in A22. Un morto, quattro feriti in prognosi riservata, altri due in codice rosso, 82 veicoli coinvolti, in 22 diversi incidenti stradali tra Nogarole Rocca e gli svincoli per la A4. E 37 feriti in tutto. Ambulanze, elicottero del 118, polizia Stradale dalla sottosezione ai distaccamenti, polizie Locali fuori dai caselli autostradali, vigili del fuoco, ausiliari del traffico e personale delle Autostrade. Carreggiate bloccate in entrambi i sensi di marcia. E la nebbia, maledetta nebbia, prima causa di questa serie di tamponamenti che ha paralizzato la A22 fin dalle 8 del mattino, quando c’è stato il primo incidente, quello tra due mezzi pesanti. Ma quasi contestualmente, a catena, la nebbia che avvolgeva ogni cosa, e permetteva una visibilità a circa 20 metri ha provocato altri incidenti a catena. Perfino per i soccorritori non è stato semplice arrivare. C’era da dare priorità agli incidenti più gravi, ma non si poteva viaggiare spediti per la paura di trovare qualcuno, che sceso dalle auto, poteva essere investito. Così come è stato per Dino Ghezzi, 69 anni, residente a Parma. L’uomo viaggiava su una Berlina, una Opel Insigna. Ha tamponato ed è andato a sbattere, visto che la sua auto è stata danneggiata sia dietro che davanti. Ma l’auto, con gli airbag scoppiati si è poi fermata nell’aiola che divide dalla carreggiata di senso opposto ed è delimitata dal guard rail. Il sessantanovenne ha fatto quello che tutti avremmo fatto, preso dal panico, realizzando di essere ancora vivo, temendo di essere colpito da altri veicoli: è sceso dall’auto. Ed è stato in quel momento che è stato investito da un’auto che lo ha sollevato da terra e poi da un’altra ancora che gli è passata sopra. Per lui non c’è stato niente da fare. Voleva andare a sciare come testimoniano gli sci e gli scarponi nel suo baule. Ora spetta alla polizia Stradale ricostruire questo omicidio stradale, raccogliendo le testimonianze di chi arrivava sulle auto subito dopo. I primi testimoni sono già stati presi a verbale, ma ci sarà da lavorare per giorni per ricostruire la dinamica. Se si potesse descrivere la situazione da un drone, dovremmo immaginarci l’A22 come una lunga strada dove di tanto in tanto si trovano ammucchiate auto, una anche sopra l’altra. Auto finite per aria, auto come trampolino di auto e altre auto ancora, volate via e poi planate sull’asfalto o su altri mezzi. Auto incastrate l’una nell’altra, auto incastrate con il muso nelle ruote dei camion, furgoni sventrati, di cui della parte anteriore resta nulla. Coinvolto anche un Ducato dell’Arma dei carabinieri, anche se soltanto colpito di striscio. È stato un inferno, il muro di nebbia a impedire la visuale, banchi improvvisi che peggioravano la visibilità a tratti più che in altri. Gente terrorizzata che scendeva dalle auto e tremava, batteva i denti per il freddo e per la scarica di adrenalina. Madri che chiamavano il figlio che ancora era incastrato nell’abitacolo, camionisti che hanno dovuto frenare all’improvviso per cercare di bloccare i loro bisonti della strada, manovre riuscite e sospiri che si mescolavano a bestemmie. E poi le telefonate al 118, centinaia di telefonate di gente che dava l’allarme, l’elicottero del 118 fatto alzare nonostante la nebbia e che è atterrato sulla carreggiata dell’A22 con manovre da manuale. I soccorritori che hanno rianimato le persone sul posto e le hanno stabilizzate prima di far partire le ambulanze con destinazione gli ospedali cittadini. Alcuni operatori richiamati nel giorno di riposo. Una trentina di vigili del fuoco hanno estratto feriti, liberato auto, permesso i soccorsi. In aiuto ai veronesi anche i colleghi mantovani. Cinque squadre e due autogrù. Un inferno, che è peggiorato quando verso le 11, il sole ha iniziato a far capolino. Ha scaldato i corpi dei feriti meno gravi, che attendevano il loro turno per essere portati in ospedali, di quelli miracolosamente sopravvissuti e ha mostrato tutto l’orrore del sangue a terra, delle carcasse delle auto degli airbag esplosi, dei rottami e dei frammenti. Il sole ha reso visibile ogni cosa, e fatto apprezzare di più la vita a chi ancora ce l’aveva. «Vivi. Ogni. Attimo», questa la scritta pubblicitaria che compariva su una Ford Fiesta. L’abitacolo incastrato sotto un camion messo di traverso, gli airbag esplosi. Chissà chi c’era dentro, ora come sta. Storie che si sommano a storie, vite che si intrecciano, persone, improvvisamente amiche che costrette per ore sul ciglio della carreggiata si raccontano le loro esistenze come se si conoscessero da sempre. •

Alessandra Vaccari

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