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Il Pd si divide sulle primarie per il sindaco

Foto d’archivio: in Bra dirigenti a amministratori  Pd con l’allora sottosegretario e  ora ministro Luca Lotti
Foto d’archivio: in Bra dirigenti a amministratori Pd con l’allora sottosegretario e ora ministro Luca Lotti
Foto d’archivio: in Bra dirigenti a amministratori  Pd con l’allora sottosegretario e  ora ministro Luca Lotti
Foto d’archivio: in Bra dirigenti a amministratori Pd con l’allora sottosegretario e ora ministro Luca Lotti

Dopo l’uscita di scena di Damiano Tommasi, è corsa contro il tempo, nel Pd, per trovare un altro candidato sindaco «civico» che metta d’accordo tutte le anime del partito, evitando così la possibile guerra intestina delle primarie. «Mi pare», si limita a dire il segretario provinciale del Pd Alessio Albertini, «che in quasi tutti ci sia la consapevolezza che i percorsi sono due: o si trova l’unità su un candidato, oppure si fanno le primarie».

Sulla stessa linea è la deputata Alessia Rotta. «La cosa migliore» afferma, «sarebbe poter contare su una personalità che sappia allargare il consenso oltre i confini tradizionali del Pd e che nel contempo tenga unito il partito, ma tale scelta deve tener conto di tre caratteristiche: per gli elettori dev’essere una figura riconoscibile e affidabile e deve dare fiducia».

Oggi, intanto, l’Assemblea cittadina si riunirà per approvare le regole del gioco delle primarie, fissate per domenica 19 marzo, messe a punto dalla commissione presieduta da Luciano Sterzi. E questo appuntamento è un primo banco di prova per misurare gli umori interni. «Le primarie sono un ottimo strumento di democrazia, ma», sottolinea Alessia Rotta, «possono trasformarsi in lotta fratricida provocando gravi fratture... In questo momento l’unità è il primo valore da salvaguardare».

Convinto fautore delle primarie è, invece, Vincenzo D’Arienzo, anch’egli deputato. «Qui a Verona non sento venti di scissione, anzi, abbiamo l’obbligo di restare insieme per vincere la sfida più importante: le elezioni comunali». E aggiunge: «Abbiamo fissato la data delle primarie, il 19 marzo, entro il 28 febbraio si chiudono le candidature, sarebbe incomprensibile se ci fermassimo per ragioni nazionali. Al contrario, proprio per i fatti nazionali sento tanta voglia di unità, quindi, avanti così, come ci chiedono gli elettori».

I riflettori, dopo il gran rifiuto del presidente dell’Associazione calciatori, intanto, si accendono sugli altri due possibili candidati «civici»: il direttore della scuola di polizia Giampaolo Trevisi e il dirigente dell’Ufficio scolastico Stefano Quaglia. Entrambi si sarebbero detti disponibili a valutare la proposta, ma il primo sarebbe più gradito anche all’area del Pd più di sinistra. Nei prossimi tre o quattro giorni le riserve si dovrebbero sciogliere. In ogni caso una decisione dovrà arrivare entro il 28 febbraio. «In questi giorni», commenta un esponente del Pd scaligero, «si capirà se si vuole privilegiare l’unità o se si preferisce il candidato più forte, a costo di spaccare il partito».

Quella di ieri, a Roma, per il Pd è stata una giornata convulsa, terminata con le dimissioni da segretario di Matteo Renzi. Una giornata in cui lo spetto della scissione è aleggiato minaccioso. Alessia Rotta, tuttavia, si dice fiduciosa: «Si sono fatti passi avanti e la scissione è stata evitata, siamo tornati a discutere con toni civili, senza perdersi a guardare il proprio ombelico, in pratica è iniziata la fase congressuale e in tanti hanno fatto appello all’unità del partito, come Walter Veltroni che ha richiamato i valori sui quali il Pd è nato e sull’importanza che ha per la democrazia nel nostro Paese... Nel congresso ci confronteremo sulle idee, sulla guida del partito e sugli errori fatti».

All’assemblea nazionale c’era anche D’Arienzo: «Una scissione sarebbe un errore storico che negherebbe le ragioni dell’incontro tra la sinistra e il centro, così come voluto da Romano Prodi. Quelle ragioni», ribadisce, «non sono nelle nostre disponibilità o soggette ai caratteri dei leader, ma sono patrimonio comune del nostro elettorato e io continuo a vedere nel Pd la collocazione naturale della sinistra di governo e penso che qui potremmo ancora e meglio portare avanti il pensiero socialdemocratico».

Enrico Santi

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