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«Il corpo di mio figlio impresentabile
Certe persone non hanno pietà di nulla»

Il funerale di Marco Andreoli, morto per un incidente il 21 agosto
Il funerale di Marco Andreoli, morto per un incidente il 21 agosto
Il funerale di Marco Andreoli, morto per un incidente il 21 agosto
Il funerale di Marco Andreoli, morto per un incidente il 21 agosto

Non esiste dolore più grande di quello di una madre che perde un figlio. E invece sì. Esiste il dolore di una madre che perde il figlio e che, nei giorni successivi alla sua morte, non lo può vedere. È «investibile» a causa dell’incidente stradale, le viene risposto dagli operatori delle celle mortuarie. E solo di fronte alle sue lacrime, il giorno stesso del funerale, qualcosa si muove. Il figlio viene reso «presentabile» in una decina di minuti. Troppo pochi per restituirne un’immagine dignitosa.

Nella bara, sotto la sua testa, il cuscino impregnato di sangue sporca l’ultimo ricordo dei familiari.

Un episodio grave, ancor più alla luce degli arresti di lunedì di quattro dipendenti dell’ospedale di Borgo Roma, addetti alle celle mortuarie, accusati dalla procura di chiedere il «pizzo» alle onoranze funebri per sistemare adeguatamente le salme.

Ieri Miriam Mecenero, la madre di Marco Andreoli, il giovane di 28 anni morto il 21 agosto scorso, in seguito a un incidente stradale in centro a Bussolengo, ha letto degli arresti su L’Arena e subito si è sentita chiamata in causa. «Io sono la prova di quello che succedeva», racconta tra le lacrime. Impossibile, ad oggi, sapere se anche la salma di Marco è stata vittima di quel sistema, su cui gli inquirenti stanno cercando di far luce. Ma il racconto della madre lascia senza parole.

Marco è morto la sera del 21 agosto scorso: mentre viaggiava sulla sua moto, è andato a sbattere contro un autobus e l’impatto è stato fatale.

Il corpo è stato portato all’ospedale di Borgo Roma per una visita esterna. E da allora, secondo la madre, nessuno più se ne è preso cura.

Dopo il nulla osta alla sepoltura, il giovedì, la famiglia ha portato i vestiti ad Agec, che si doveva occupare dei funerali. I genitori hanno iniziato a chiamare le celle mortuarie del Policlinico per chiedere di poter vedere il corpo del figlio. «Non rispondevano mai», racconta la donna. «E quando hanno risposto, ci hanno trattato in malo modo, dicendo che avremmo potuto vederlo solo un’ora prima del funerale, il sabato».

Il peggio è venuto proprio quel giorno. Mentre i genitori stavano raggiungendo Borgo Roma, vengono raggiunti da una chiamata. «Ci hanno detto che non potevamo vedere Marco, perché il corpo era “investibile“», racconta la madre. «Siamo andati nello sconforto più totale».

Nel frattempo lo zio del ragazzo era già alle celle mortuarie e il corpo era ancora chiuso nella bara. All’arrivo dei genitori, straziati dal dolore e arrabbiati per ciò che stava accadendo, il personale dell’Agec si è attivato e, in una decina di minuti, ha cercato di rendere presentabile il corpo del ragazzo, mentre all’esterno stavano arrivando tutti i familiari e gli amici più stretti per vederlo e dargli un ultimo saluto.

«In pochi minuti gli operatori dell’Agec l’hanno pulito un po’ e vestito, quindi non era vero che era “investibile“, come ci avevano detto», attacca la mamma. «Il problema è che per cinque giorni non l’hanno curato, l’hanno abbandonato nelle celle mortuarie, ancora tutto sporco di sangue». Quel sangue che ha sporcato il cuscino dentro la bara.

«Se volevano 50 euro, glieli avrei dati io. Gliene avrei dati anche di più, purché si prendessero cura di mio figlio morto», dice la madre in lacrime. «Non posso pensare che mio figlio sia rimasto per cinque giorni in quelle condizioni. Ma chi è questa gente che per 30 euro non ha pietà di un ragazzo di 28 anni morto?».

Manuela Trevisani

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