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Il centrodestra stravince a Verona Ecco i primi eletti in Parlamento

Alta affluenza nei seggi di città e provincia e code con attese anche di mezz’ora FOTO MARCHIORI
Alta affluenza nei seggi di città e provincia e code con attese anche di mezz’ora FOTO MARCHIORI
Alta affluenza nei seggi di città e provincia e code con attese anche di mezz’ora FOTO MARCHIORI
Alta affluenza nei seggi di città e provincia e code con attese anche di mezz’ora FOTO MARCHIORI

Enrico Giardini Enrico Santi Il centrodestra, come prevedibile, sfonda nel Veronese, superando ampiamente il 40 per cento e facendo «cappotto» nei collegi uninominali di Camera (quattro) e Senato (due), dove si è votato con il sistema maggioritario: chi prende di più vince. Testa a testa tra Pd e Movimento 5 Stelle per il secondo posto. Sono, questi, i primissimi risultati, per la provincia di Verona - città più gli altri 97 Comuni - delle elezioni politiche di ieri. Non in linea con i dati nazionali che - sino a qualche ora fa, al momento di andare in stampa - vedevano il 5 Stelle (al 33) quasi doppiare il Pd (18 circa) e con un centrodestra intorno al 36. Alta l’affluenza alle urne, nel Veronese, rispetto alle previsioni. Ha votato intorno al 79 per cento dei 686mila aventi diritto. Alle 19 affluenza del 63,93 mentre alle 12 del 22,11. Questo dato si riferisce alla Camera, quella per cui possono votare tutti. A Verona città ha votato il 76,83 per cento. Quella scaligera è la provincia con una delle affluenze più alte in Italia. Il dato è inferiore rispetto all’81,3 per cento delle elezioni politiche del 2013, anche se allora si votò anche il lunedì mattina. La percentuale di queste elezioni politiche 2018 è comunque nettamente superiore a quelle delle comunali del 2017 quando fu eletto sindaco Federico Sboarina. L’11 giugno, primo turno, votò il 58,94 per cento dei 200.700 aventi diritto; al ballottaggio Sboarina-Bisinella del 25 giugno appena il 42,4. Media tra i due turni: 50,67. Il voto amministrativo, legato al territorio, e con le preferenze, non è affatto più attrattivo di quello politico-nazionale. Un dato raffrontabile con le elezioni politiche, anche per quanto riguarda l’affluenza, è quello del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016: nel Veronese votò il 76,6; vinsero i «No» con il 60,9 per cento. Per quanto riguarda gli eletti nel Veronese, per Camera e Senato, si può dire chi dovrebbe essere stato eletto nei quattro collegi uninominali della Camera e nei due del Senato. E per il centrodestra - formato da Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia-Udc - qui è un successo, peraltro prevedibile. Alla Camera Verona città passa Vito Comencini, capogruppo della Lega Nord in Consiglio comunale, mentre nel collegio di San Bonifacio Paolo Paternoster, segretario provinciale della Lega, già presidente dell’Amia e dell’Agsm. Nel collegio Camera Legnago il centrodestra elegge il padovano di Forza Italia Piergiorgio Cortelazzo, già consigliere regionale, mentre in quello di Villafranca passa Davide Bendinelli, sindaco di Garda, segretario provinciale di Forza Italia, già consigliere regionale e assessore provinciale. Per quanto riguarda il Senato uninominale, anche in questo caso è il centrodestra a farla da padrona. Nel collegio di Verona con Paolo Tosato, leghista, senatore uscente, segretario cittadino della Lega. Nell’altro collegio, quello di Villafranca, successo per Stefano Bertacco, senatore uscente di Fratelli d’Italia (ma nel 2013 aveva corso per il Pdl), assessore comunale di Verona ai servizi sociali e all’istruzione. Sul fronte del proporzionale - oggi, anche con il calcolo dei resti, si saprà la definitiva assegnazione dei seggi - avrebbero comunque già staccato il biglietto per Roma Lorenzo Fontana, della Lega, eurodeputato e vicesindaco di Verona, che era capolista alla Camera nel plurinominale, quindi Gianni Dal Moro, deputato uscente, capolista del Pd nel plurinominale, i deputati uscenti del Movimento 5 Stelle Francesca Businarolo e Mattia Fantinati, prima e secondo nel Collegio plurinominale. Per quanto riguarda il Senato, è in corsa Massimo Ferro per Forza Italia, terzo nel plurinominale, mentre dovrebbe farcela Vincenzo D’Arienzo, deputato uscente del Pd. Alessia Rotta, deputata uscente del Pd, punta all’elezione nel collegio plurinominale Siena-Arezzo-Grosseto. Sul fronte del centrodestra, pur in quadro di dati ancora in movimento, Lorenzo Fontana, vicesegretario della Lega, dalla sede milanese della Lega via Bellerio, gongola: «Essendo il massimo risultato storico della Lega, è grandissima soddisfazione e siamo ottimisti. Vedremo poi i risultati nei collegi». Piste praticabili per avere una maggioranza parlamentare che sostenga un governo? «Così non c’è una maggioranza chiara, ma aspettiamo altri dati». Ipotesi di accordo Movimento 5 Stelle-Lega? «Noi lo abbiamo sempre escluso e la vedo molto difficile. Abbiamo provato con loro un dialogo, ma ci hanno sempre detto di no». Il “cinquestelle” Mattia Fantinati, dopo aver visto le prime proiezioni che davano il partito di Luigi Di Maio sopra il 30 per cento confessa di avere l’«adrenalina alle stelle». E aggiunge: «Ovviamente è troppo presto per fare un’analisi compiuta, da ingegnere sono abituato a ragionare su numeri certi... Tuttavia ce lo aspettavamo di diventare il primo partito a livello nazionale e l’altissima affluenza è il segnale che in tanti hanno voglia di cambiare». Non cerca attenuanti, invece, Vincenzo D’Arienzo, candidato al Senato per il Pd. «Il dato inconfutabile», afferma, «è che ne usciamo sconfitti e che il centrosinistra andrà all’opposizione... Se fossimo stati uniti forse saremmo in condizioni diverse, la scissione ha pesato. Fa pensare, infine, che i partiti della protesta, M5S e Lega, prendano il 50 per cento». •

Enrico Giardini Enrico Santi

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