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«Guasto al motore nel momento sbagliato»

Il pontone Amedeo mentre recupera l’imbarcazione finita sugli scogli FOTO MIGLIORINIIl bulbo è stato recuperato nelle vicinanze dell’imbarcazione
Il pontone Amedeo mentre recupera l’imbarcazione finita sugli scogli FOTO MIGLIORINIIl bulbo è stato recuperato nelle vicinanze dell’imbarcazione
Il pontone Amedeo mentre recupera l’imbarcazione finita sugli scogli FOTO MIGLIORINIIl bulbo è stato recuperato nelle vicinanze dell’imbarcazione
Il pontone Amedeo mentre recupera l’imbarcazione finita sugli scogli FOTO MIGLIORINIIl bulbo è stato recuperato nelle vicinanze dell’imbarcazione

Un pubblico di decine di curiosi, seppur tenuti a distanza da un cordone di sicurezza apprestato dalla Capitanieria di porto e dalla squadra nautica della polizia che hanno interdetto l’area, non ha rinunciato a immortalare il momento scattando foto e persino prestandosi a qualche «selfie». Così il relitto del Di Più, l’imbarcazione naufragata martedì pomeriggio all’imbocco del porto canale di Rimini provocando la morte di quattro persone, tre veronesi e un vicentino (altri due veronesi si sono salvati) ha lasciato la barriera frangiflutti su cui si era schiantata quattro giorni prima.

Le operazioni di recupero sono iniziate all’alba di ieri, quando il pontone «Amedeo», una sorta di draga, si è messo in moto avvicinandosi al relitto.

I primi ad essere ripescati sono stati i resti della chiglia, dell’albero del Bavaria 50 di 15 metri e del bulbo, la «pinna» che ne consente la stabilità e che ieri presentava ancora in loco i bulloni: con ogni probabilità dev’essersi quindi staccata di netto in seguito allo scontro con gli scogli o col fondale. Nel primo pomeriggio, quindi, è stato imbragato il relitto, trasportato nel cantiere navale all’interno della darsena, a disposizione dei magistrati che disporranno eventuali perizie.

Ad assistere alle operazioni, conclusesi dopo le 16, i familiari delle vittime: l’armatore, Alessandro Fabbri, cardiochirurgo di 65 anni, la figlia Alessia, notaio di 38 anni, Enrico Martinelli, 69 anni, ex dirigente della Valdadige, il vicentino Ernesto Salin, 64 anni. Chiusi nel loro dolore, hanno osservato a lungo gli squarci dell’imbarcazione provocati dall’incidente, di cui le indagini proveranno a chiarire la dinamica, e hanno cercato di recuperare qualche effetto personale dei loro cari. Sul molo, fortemente commosso, anche Adriano Fante, proprietario del Bavaria insieme a Fabbri, che aveva appreso della tragica fine del Di Più e del suo equipaggio dalle immagini diffuse dalle tv e dai video pubblicati online, con la barca in balia di quell’inferno di marosi.

Un’immagine che non dimenticherà nemmeno Carlo Calvelli, l’otorinolaringoiatra 68enne, sopravvissuto insieme al fidanzato di Alessia, il ristoratore Luca Nicolis. «È stato un disastro», ha raccontato dal suo letto all’ospedale Infermi di Rimini, dov’era stato ricoverato in stato di ipotermia, a Il Resto del Carlino. Quanto al meteo «la situazione era gestibilissima. Non era la prima volta che navigavo in condizioni simili», ha raccontato il medico, che era al timone al momento della tragedia, cercando di ricostruire le cause del naufragio. «Si è spento il motore proprio a ridosso dell’imboccatura del porto di Rimini. La sfortuna è che si è spento così vicino al molo. Fosse successo prima, avremmo avuto tempo di alzare una vela. O proseguire verso Ancona. Fosse successo un minuto dopo, saremmo già stati dentro».

Per Calvelli, salvato dai sub calati dall’elicottero, e per Nicolis, il primo ad essere avvistato tra gli scogli e portato in salvo da un pescatore e da un fotografo, ora è tempo del cordoglio. La settimana prossima saranno infatti celebrati i funerali dei loro compagni che non ce l’hanno fatta. L’ultimo saluto a Enrico Martinelli è in programma domani alle 15.30 a San Giorgio. L’addio ad Alessandro e Alessia Fabbri si svolgerà con ogni probabilità nel pomeriggio di mercoledì a San Bernardino.

Elisa Pasetto

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