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ARTE E RELIGIONE

Giubileo, il logo
è «custodito»
a Veronetta

Il grande mosaico dedicato al Mistero della redenzione nella chiesa delle suore Orsoline nella Casa Madre di via Muro Padri. Rupnik e i suoi allievi l’hanno realizzato nel 2006 FOTO MARCHIORI
Il grande mosaico dedicato al Mistero della redenzione nella chiesa delle suore Orsoline nella Casa Madre di via Muro Padri. Rupnik e i suoi allievi l’hanno realizzato nel 2006 FOTO MARCHIORI
Il grande mosaico dedicato al Mistero della redenzione nella chiesa delle suore Orsoline nella Casa Madre di via Muro Padri. Rupnik e i suoi allievi l’hanno realizzato nel 2006 FOTO MARCHIORI
Il grande mosaico dedicato al Mistero della redenzione nella chiesa delle suore Orsoline nella Casa Madre di via Muro Padri. Rupnik e i suoi allievi l’hanno realizzato nel 2006 FOTO MARCHIORI

È custodita a Verona, nella chiesa delle suore Orsoline, l’opera che simboleggia l’anno santo dedicato alla misericordia indetto da papa Francesco. L’autore del mosaico è il gesuita Marko Ivan Rupnik, che nei giorni scorsi ha guidato le riflessioni per il Giubileo della Curia romana.

«La verità rivelata è l’amore e l’amore realizzato è la bellezza». Così Rupnik, citando il teologo Pavel Florenskij, spiega il suo approccio con l’arte. E visitando la chiesa dedicata a Maria Immacolata, all’interno della Casa Madre delle suore Orsoline in via Muro Padri, a Veronetta, non si può non sentirsi immersi nella bellezza. Il gesuita sloveno è l’autore, insieme agli allievi del Centro studi Aletti di Roma, da lui diretto, del grande mosaico dedicato a Maria nel mistero della Redenzione. Un’opera d’arte che contiene una scena molto particolare: Gesù sceso nell’oscurità degli inferi, lo Sheol, dopo la crocifissione per prendere con sé Adamo, caricandoselo sulle spalle. La stessa che l’artista, su richiesta del Papa, ha scelto come logo per il Giubileo.

Mosaicista di fama internazionale, Rupnik ha realizzato opere in tutta Europa, da Fatima a Lourdes a San Giovanni Rotondo. Il mosaico con il Cristo Buon Pastore, a Verona, gli era stato commissionato in occasione del 150° anniversario di fondazione della Congregazione delle Figlie di Maria Immacolata.

«Sembra incredibile viste le dimensioni, ma l’opera», assicura suor Elisabetta Sepich, religiosa di origini croate, «è stata realizzata in soli dieci giorni, nel dicembre 2006. Con Rupnik c’erano 18 artisti del suo atelier, lavoravano pressoché ininterrottamente dalla 8 alle 20. Fra loro cattolici, ortodossi, greco cattolici... E questo è il valore aggiunto, perché l’opera d’arte nasce da un’esperienza di dialogo e di comunione, dove le tradizioni iconografiche orientali e occidentali si fondono, è un’arte viva che accompagna la preghiera della comunità».

Le suore veronesi hanno, con il gesuita amico di papa Bergoglio, un lungo rapporto di amicizia. «Dopo un corso di esercizi spirituali è nata l’idea di proporgli la realizzazione di un mosaico in cui il linguaggio della tradizione cristiana si saldi con la lingua e il gusto artistico della contemporaneità». Con Rupnik le suore Orsoline collaborano anche nell’atelier teologico romano dedicato al cardinale Spidlik. I colori, nell’opera, hanno un valore fondamentale: il blu simboleggia l’umanità, il rosso è il colore ca rappresenta la divinità, il bianco l’azione dello Spirito Santo, l’oro è l’amore di Dio e il verde è il colore della creazione. «Il mosaico», continua suor Elisabetta, «ripercorre i testi liturgici della solennità dell’8 dicembre. Si parte dal libro della Genesi dove il distacco dal Creatore di Adamo ed Eva è simboleggiato da un muro». Un simbolo potente, anche ai nostri giorni. «È il muro che taglia tutte le relazioni che dà vita a un mondo dominato dalle logiche dell’egoismo e della diffidenza e dove l’altro diventa un nemico, accusato di rubare quello che è mio». Il frutto preso dalla madre dei viventi diventa la pietra con cui il fratello uccide il fratello. Ma tema di fondo del mosaico è la salvezza. Che culmina nel grande Crocifisso-Risorto che va a riprendere Adamo «dal buio della morte in cui è immerso l’uomo che ha rotto le relazioni. La tenerezza di Dio», spiega la religiosa, «è riflessa nei volti ravvicinati di Cristo e di Adamo e nell’atto di Gesù che afferra Eva per il polso e che con i piedi tiene aperte le porte degli inferi, delimitate dai legni della croce... Egli salva l’uomo così com’ è. Non c’è giudizio in questa scena».

Le suore assicurano che non si aspettavano che il loro mosaico diventasse un’icona internazionale. «È stata una bellissima sorpresa, ma è anche una responsabilità, un richiamo a vivere per prime ciò che vi è raffigurato». La notizia si è presto diffusa e tanti ora chiedono di visitare la chiesa, tanto che le religiose si stanno organizzando per garantirne l’apertura quotidiana dalla domenica delle Palme fino all’estate.

Il gesuita-artista, sottolinea la suora, «è molto legato a questa immagine, frutto di una profonda riflessione e siamo felici di custodirla».

Enrico Santi

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