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Fondazione, si cerca una mediazione

Esibizione dei musicisti della Fondazione Arena davanti alla sede occupata
Esibizione dei musicisti della Fondazione Arena davanti alla sede occupata
Esibizione dei musicisti della Fondazione Arena davanti alla sede occupata
Esibizione dei musicisti della Fondazione Arena davanti alla sede occupata

Si tenta ancora una mediazione, sul contratto integrativo e sul piano di rilancio, anche se il fronte della Fondazione Arena resta caldissimo. Ma dai vertici arrivano anche segnali di rimessa in discussione di certi incarichi dirigenziali. La sede della Fondazione lirica, in via Roma, resta in stato di occupazione da parte dei lavoratori, che contestano le azioni messe in atto dalla dirigenza, in particolare i tagli al contratto integrativo. Ma intanto il Consiglio di indirizzo della Fondazione, presieduto dal sindaco Flavio Tosi, si è riunito per esaminare le prossime mosse. E una sarà l’incontro di domani fra Tosi e il sovrintendente Francesco Girondini e i sindacati confederali Cgil, Cisl, Uil e la Cisal.

«Io e Girondini faremo ancora un tentativo per trovare un accordo con i sindacati», dice Tosi, «che ci avevano chiesto di ritirare il provvedimento. Ci confronteremo e vedremo se la loro volontà è aprire una trattativa sull’integrativo aziendale». Il sindaco cita poi un comunicato recente dei sindacati nazionali del comparto, che chiedono di incontrare il ministro dei beni culturali, Dario Franceschini. «Questa nota parte dalla situazione dell’Arena ma poi analizza la situazione complessiva delle fondazioni lirico-sinfoniche, drammatica. E i sindacati dovrebbero capire che a Verona siamo messi meno peggio di altri e la situazione difficile va raddrizzata con buon senso, non con le occupazioni né difendendo l’indifendibile».

Nella nota citata da Tosi si dice fra l’altro che il debito complessivo di tutto il comparto delle fondazioni lirico-sinfoniche è ulteriormente cresciuto, dai 392 milioni del 2013 ai circa 420 attuali (fonte Il Sole-24 Ore) «nonostante un contratto nazionale non rinnovato dal 2003, il blocco delle assunzioni, del turn over e la costante riduzione delle piante organiche», scrivono i sindacati, per ribadire a Franceschini «quanto pretestuoso e fallace fosse identificare la causa della crisi del comparto unicamente sul costo del lavoro». E poi, contestando il piano di risanamento, citano «numerosi casi di altre fondazioni dove l’inefficienza dirigenziale ha creato danni incalcolabili». Ciò non riponendo più la fiducia, a Verona, nei dirigenti.

Sul nostro giornale l’imprenditore Giuseppe Manni, a lungo nel cda dell’ente lirico e all’inizio della Fondazione Arena, considera non più sanabile la situazione economica della Fondazione stessa. Necessario, secondo lui, ricorrere alla legge Bray, quindi far andare l’Arena in stato di crisi e commissariarla.

«Ai sindacati lo abbiamo detto», spiega Tosi. «Noi cerchiamo una via di risanamento che non crei conseguenze drammatiche, mentre con la legge Bray si deve dichiarare lo stato di crisi e il ministero deve poi aprire una finestra temporale. Ma così il taglio del personale è del 50 per cento. È un bagno di sangue. Noi invece stiamo razionalizzando tutte le voci di costo, stiamo rimodellando il marketing, e poi il piano industriale individua decisioni strategiche. E una è ricontrattare l’integrativo aziendale».

Tosi ricorda che «parte della Bray l’abbiamo già chiesto, per rincontrare i mutui con la Cassa depositi e prestiti. Avremo presto un incontro a Roma al ministero per chiudere questa partita che ci porterebbe a risparmiare oltre mezzo milione all’anno sul costo del debito. Noi però vorremmo evitare la Bray intera, ma se sindacati lo capiscono, sarà loro responsabilità».

Enrico Giardini

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