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Farah: «Grazie, ora dimenticatemi»

Farah Tanveer a Palazzo Barbieri con Elisabetta, l’assistente sociale che la sta seguendo FOTO MARCHIORI
Farah Tanveer a Palazzo Barbieri con Elisabetta, l’assistente sociale che la sta seguendo FOTO MARCHIORI
Farah Tanveer a Palazzo Barbieri con Elisabetta, l’assistente sociale che la sta seguendo FOTO MARCHIORI
Farah Tanveer a Palazzo Barbieri con Elisabetta, l’assistente sociale che la sta seguendo FOTO MARCHIORI

«Voglio che quello che è successo sia un libro chiuso e aprirne un altro, fare una vita normale». Due giorni fa appena arrivata a Verona ha incontrato Cristian, il suo ragazzo di origini peruviane, si sono parlati a lungo poi lei, stremata, si è addormentata. Ma quando si è svegliata lo ha trovato accanto a lei, l’aveva vegliata nel sonno. Questo il nuovo libro del quale Farah, 19 anni, ieri ha scritto la prima pagina. Indossa la tunica bianca con ricami argentati che le ha regalato la moglie di Stefano Pontecorvo, l’ambasciatore italiano in Pakistan, e un paio di calzoni neri. Minuta, nessun velo, i capelli neri sciolti sulle spalle e un paio di occhiali con la montatura sottile e grandi quasi come il suo viso: se non fosse per l’anagrafe Farah ha l’aspetto di una ragazzina, che mostra tutta la sua fragilità ma al tempo stesso nei suoi occhi si legge la voglia di vivere la sua vita, non quella che le vorrebbero imporre le tradizioni e la famiglia, il desiderio di restare con il fidanzato, di rivedere le amiche, le compagne di scuola. E di continuare a studiare. Quasi nascosta dietro a Elisabetta, l’assistente sociale del Comune di Verona che da quando è arrivata si prende cura di lei e la protegge, è entrata in sala Arazzi con passo lento, non incerto. Il passo di chi ha chiesto di incontrare la stampa sapendo che sarà l’ultimo appuntamento «pubblico» per lei. Lo ha chiesto per questo, per ringraziare tutti e affiancata dall’assessore ai Servizi Sociali Stefano Bertacco e da Cinzia Albertini dell’Unità operativa Pari opportunità, ha preso coraggio. «Dimenticatemi adesso, voglio tornare a vivere la mia vita. Grazie perchè mi avete aiutato ad uscire da una situazione dove non pensavo di avere speranze». Parla tutto d’un fiato, con un filo di voce, si commuove quando le chiedono cosa sarebbe successo se non fosse riuscita a mandare quel messaggio su Whatsapp. «Non lo so, non voglio immaginarlo», riesce a dire prima di bloccarsi per quel nodo di pianto che le sale in gola. E non vuole dire niente della sua famiglia. «Voglio ringraziare lo Stato pakistano che mi ha aiutato ad uscire dalla situazione in cui ero, lo Stato italiano e l’assessore Bertacco che mi hanno permesso di tornare anche se ero senza documenti perché me li hanno procurati, le mie amiche e il mio fidanzato. Li ringrazio di cuore perché mi hanno aiutato tanto. E ringrazio la stampa che ha evidenziato la notizia». Una staffetta in cui ogni elemento ha lavorato in perfetta sincronia e senza perdere tempo: da quando la notizia che Farah Tanveer era trattenuta in Patria, a Lahore, contro la sua volontà dopo che i genitori l’avevano costretta ad abortire, al suo rientro a Verona è trascorsa una settimana. Seduta al grande tavolo rotondo accanto a lei c’è Elisabetta con la quale ha instaurato fin dal suo arrivo a Verona un rapporto stretto, quello che si trova con una persona di cui fidarsi e alla quale chiedere aiuto. Di sostegno Farah ora ne ha, è seguita dal centro antiviolenza Petra, ha un alloggio in una struttura riservata ma non protetta (è libera di muoversi) dove potrà stare fino a quando ne avrà bisogno e l’impegno dell’assessore Bertacco va anche oltre perché si occuperà personalmente della possibilità di far sì che Farah termini gli studi. «Voglio fare la maturità con le mie compagne e la mia classe, poi frequentare l’istituto tecnico superiore, un corso post-diploma in marketing e finanza. Voglio stare con Cristian, non voglio ricordare quello che è successo in Pakistan». Già quell’iniezione e poi la rinuncia al suo bambino, come ha scritto alle compagne di scuola in un messaggio disperato. Quello dal quale è partito tutto. Liberata dalla polizia e dalla Commissione del Punjab è stata accompagnata all’ambasciata dove è stata accolta con calore dalla moglie di Stefano Pontecorvo. «Voglio ringraziare i carabinieri di Bolzano (presenti nella sede di Islamabad, ndr) perchè non mi hanno lasciata sola un istante. Mi hanno fatto compagnia e questo mi ha fatto sentire più serena e tranquilla. Poi la moglie dell’ambasciatore mi ha regalato questo vestito e mi ha trattato con tenerezza e affetto cercando di farmi capire quello che stava succedendo». Il nuovo libro di Farah è iniziato. • © RIPRODUZIONE RISERVATA

Fabiana Marcolini

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