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Il caso

Farah all'ambasciata,
i documenti bruciati
per non farla tornare

Il caso
Farah con un'amica
Farah con un'amica
Farah con un'amica
Farah con un'amica

«Da contatti con la Farnesina ho appreso che è in corso il trasferimento di Farah dalla località protetta in cui è stata ospitata dopo la liberazione, all’ Ambasciata italiana di Islamabad. In quell’avamposto italiano è al sicuro e riceverà tutta l’assistenza necessaria».

Lo ha detto il senatore del Partito Democratico, Vincenzo D’Arienzo, che ha seguito - presentando anche un’interrogazione parlamentare - il caso della ragazza pakistana residente da 10 anni a Verona, liberata ieri nella zona di Lahore, dove era tenuta segregata dai familiari dopo essere stata costretta ad abortire. «Risulta - ha spiegato D’Arienzo - che lei stessa abbia più volte chiesto di tornare in Italia ed in particolare a Verona, che considera la sua casa».

«Per quanto concerne il rientro - ha aggiunto -, dovranno essere espletate le procedure necessarie, nel dettaglio il rifacimento dei documenti atteso che sono stati distrutti o bruciati per impedirle il ritorno in Italia».

 

L'assessore alle Politiche Sociali del Comune Bertacco: «Ho di nuovo ribadito alla Farnesina la completa disponibilità del Comune ad accoglierla nelle nostre strutture protette e ci auguriamo che, una volta in Italia, la sua destinazione finale sia quella di Verona, la città dove risiede da dieci anni e che la sta aspettando. A garantire la sicurezza di Farah, se mai ce ne fosse ancora bisogno, ci pensiamo noi. Siamo pronti anche per il sostegno psicologico che potrebbe essere necessario per voltare pagina».

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