Dover rinunciare improvvisamente ad un mercato promettente. Veder andare in fumo entrate che si davano per certe. Mettersi a caccia di nuovi sbocchi. E la storia di molte imprese veronesi negli ultimi due anni.
Lo racconta Alex Vantini, dell’azienda agricola fratelli Vantini di Verona che produce ed esporta kiwi. «Siamo entrati in campagna commerciale nel novembre 2014: il 20 per cento della nostra produzione andava in Russia, che oramai aveva già chiuso le frontiere. Siamo stati costretti a cercare altri mercati, nei Paesi europei e anche in Estremo Oriente», ricorda. Il lattiero caseario da un giorno all’altro si è dovuto reinventare. «Sono produttore e trasformatore di latte - dice Andrea Corso con azienda agricola a Veronella – l’approccio con la Russia è stato gestito dal consorzio Grana Padano, che poi ha orientato l’export verso Canada e Usa. Ma sono stati mesi di sofferenza».
Anche chi coltiva pesche e mele ha subito immediatamente i danni. «Le Granny Smith, provenienti quasi interamente dalla nostra provincia e destinate in toto alla Federazione hanno perso 9 milioni l’anno che raddoppiano considerando l’indotto», testimonia Claudio Valente, alla guida di Coldiretti Verona e produttore. Ora il timore è di dover affrontare un’altra stagione simile a causa di Brexit. Il presidente nazionale, Roberto Moncalvo, evidenzia che «la svalutazione della sterlina rischia di mettere in crisi anche i rapporti commerciali con l’Uk, quarto sbocco estero dei prodotti agroalimentari Made in Italy». Questa volta le più colpite potrebbero essere le aziende vinicole, non solo produttrici di Prosecco, apprezzato Oltremanica, come esplicita Chiara Recchia, dell’impresa Recchia vini di Negrar, che racconta la storia di una realtà che ha ampliato il proprio business sui mercati esteri.Va.Za.