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Ecco l’«orecchio» della Nato in Italia

Il comandante della base, tenente colonnello  Diego FasoliIl rendering di come sarà la base terminati i lavori, in primaveraLa base Ncia, Nato comunication and information agency, di Lughezzano: oggi è un enorme cantiere. Viene potenziata e resta una delle due in Europa FOTOSERVIZIO DIENNE
Il comandante della base, tenente colonnello Diego FasoliIl rendering di come sarà la base terminati i lavori, in primaveraLa base Ncia, Nato comunication and information agency, di Lughezzano: oggi è un enorme cantiere. Viene potenziata e resta una delle due in Europa FOTOSERVIZIO DIENNE
Il comandante della base, tenente colonnello  Diego FasoliIl rendering di come sarà la base terminati i lavori, in primaveraLa base Ncia, Nato comunication and information agency, di Lughezzano: oggi è un enorme cantiere. Viene potenziata e resta una delle due in Europa FOTOSERVIZIO DIENNE
Il comandante della base, tenente colonnello Diego FasoliIl rendering di come sarà la base terminati i lavori, in primaveraLa base Ncia, Nato comunication and information agency, di Lughezzano: oggi è un enorme cantiere. Viene potenziata e resta una delle due in Europa FOTOSERVIZIO DIENNE

Si chiama, tecnicamente, Ncia Sgs (satcom ground station) F14. Ma in questo momento più che una base militare Nato, è un enorme cantiere. Chi abita in zona, a Lughezzano e nei dintorni di Bosco Chiesanuova, era abituato a vedere una imponente «palla bianca» campeggiare in quello che evidentemente è un compound militare. Adesso la base si potenzia e in primavera tornerà ad essere operativa. E resterà l’unica in Italia. A guidarci in questa visita al cantiere, che prevede un investimento complessivo nelle varie basi di svariate decine di milioni di euro è il veronese (di Lazise) tenente colonnello dell’Aeronautica Diego Fasoli, comandante della base. La Nato dagli anni successivi al dopoguerra iniziò a sviluppare progetti nelle telecomunicazioni satellitari realizzando alla fine degli anni Settanta un network di 21 stazioni Sgt (Satcom ground terminal) denominate dalla lettera F e un numero progressivo da 1 a 21 e variamente distribuite in molte nazioni parte dell’Alleanza Atlantica. Le stazioni facevano parte del progetto «Satcom fase III» e svolgevano compiti prevalentemente di interconnessione e traffico voce e dati fra le stazioni stesse a vantaggio delle relative Nazioni e comandi Nato.

L’Italia, per la strategica posizione geografica, ne aveva inizialmente sul proprio territorio tre, dislocate oltre che a Lughezzano (F14), attiva dal 1978, anche a Paportello-Catania (F21) chiusa dopo pochi anni di attività e Tarquinia-Viterbo (F7) di prossima dismissione. Agli inizi degli anni Duemila, è stato avviato un importante progetto con l’obiettivo di conferire alle stazioni il ruolo di ancoraggio del traffico da e verso i terminali fuori area trasportabili e il relativo indirizzamento verso i comandi operativi Nato, in accordo con i dettami del summit Nato di Praga del 2003. Al contempo, per ottimizzare i costi, veniva completato il processo di razionalizzazione, riducendo a solo quattro le stazioni, potenziandone due di queste. Il progetto noto col nome di «Upgrade Sgs and Sgt» ha quindi portato ad aggiornare le prestazioni operative di due satelliti ground terminal (Atalanti-Grecia ed Izmir-Turchia) e a potenziarne altre due, una a Kester in Belgio e, appunto, la stazione di Lughezzano in Italia.

Grazie a queste enormi parabole, da qui transiteranno tutte le comunicazioni verso le basi Nato, soprattutto del Medio Oriente: Afghanistan e Iraq. Lughezzano, frazione di Bosco, assurge al ruolo di satellite ground station, equipaggiata con quattro antenne, le più grandi delle quali con un diametro di 16 metri. Tutte racchiuse da Radome, la caratteristica copertura sferica bianca che protegge le antenne dalle intemperie.

Il colonnello Fasoli è un comandante «green», che ama la natura e cerca di contestualizzare il più possibile la base al territorio. Non a caso, anche durante il sopralluogo, ha raccomandato ancora una volta al direttore cantieri di preservare il più possibile gli alberi decennali che insistono nell’area: noci, abeti, roseti. Sembra veramente un giardino botanico.

«Avevamo ipotizzato di fare le coperture delle antenne verdi», sorride il comandante, «ma il colore avrebbe surriscaldato le antenne e quindi si sarebbe dovuto refrigerarle di più con dispendio di energia, così siamo rimasti al bianco. Che se nevica è a impatto zero. Inoltre, tra la recinzione principale e quella più interna di sei metri è rimasto uno spazio erboso. Abbiamo chiesto a un pastore di piazzarci le sue pecore. Noi risparmiamo circa seimila euro l’anno per lo sfalcio e lui ha le pecore al sicuro, anche dai lupi, visto che ultimamente se ne parla tanto. Inoltre, abbiamo già piantumato alberi attorno alla recinzione, coinvolgendo la Forestale che ce li ha donati e i bambini delle scuole che hanno partecipato alla messa a terra. Una volta cresciuti faranno bosco attorno alla base, limitando ancora di più l’impatto ambientale».

Le tecnologie satellitari sono state implementate dalla Leonardo.Lt. Il risultato? «La possibilità di gestire, ancorare e reinstradare il traffico operativo dei contingenti dislocati in territori operativi, al fine di offrire ai comandi Nato la possibilità di esercitare quella funzione di comando e controllo che non può prescindere da un sistema di comunicazioni adeguato alle esigenze di un’Alleanza Atlantica attiva in molteplici contesti e dimensioni: terrestre, marina ed aerea puntando fino a quattro satelliti contemporaneamente», conclude il comandante.

Alessandra Vaccari

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