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LA POLEMICA

«Ecco il protocollo
con Sicuritalia
per la sicurezza»

Il sindaco Tosi con la sorella Barbara l’altra sera in Consiglio
Il sindaco Tosi con la sorella Barbara l’altra sera in Consiglio
Il sindaco Tosi con la sorella Barbara l’altra sera in Consiglio
Il sindaco Tosi con la sorella Barbara l’altra sera in Consiglio

«Ecco il protocollo di sicurezza stipulato con l’istituto di sorveglianza Sicuritalia». A Palazzo Barbieri mostrano un documento con l’intestazione «Modalità di esecuzione e procedure previste per il servizio di televigilanza». Si vedrà ora se si tratta dello stesso modulo operativo di cui il pm Gennaro Ottaviano, che coordina le indagini sul clamoroso furto di 17 opere d’arte dal museo di Castelvecchio, lamentava l’assenza. Contro Sicuritalia e le sue presunte manchevolezze, il sindaco Flavio Tosi si era scagliato in Consiglio comunale. Annunciando poi, nel corso di «Diretta Verona» su Tele Arena, che il Comune si rivarrà nei suoi confronti. Il contratto con la ditta costa al Comune 400mila euro l’anno, 130mila dei quali per pagare le guardie armate di Castelvecchio. Che era una sola, in orario notturno, fino al 19 novembre. Presenza raddoppiata dopo la rapina, con un vigilante che presidia costantemente la control room.

Il «protocollo» reso noto dal Comune è stampato su carta intestata della North east services, l’istituto di sorveglianza, messo in liquidazione dopo la scoperta di un buco di oltre 104 milioni di euro, e rilevato nel novembre 2014 dalla lombarda Sicuritalia, società con 6.500 dipendenti, un fatturato di oltre 300 milioni e una clientela di prim’ordine, da Intesa SanPaolo a Telecom, da Finmeccanica all’Eni.

Assorbendo la vecchia società, Sicuritalia ne aveva rilevato anche i servizi, con le stesse modalità, tra cui la sorveglianza di Castelvecchio. «La realizzazione di questo servizio», si legge, «prevede che gli impianti di sicurezza vengano collegati con la centrale operativa dell’istituto». Inoltre, si parla di fornitura di apparecchiature di trasmissione degli allarmi tramite i quali potrà essere «prontamente rilevato l’eventuale mancanza di inserimento all’orario stabilito». E sui monitor della centrale operativa, si assicura, l’operatore «può seguire istante per istante l’evolversi della situazione e disporre le azioni più adeguate». Tuttavia, i rapinatori sono rimasti nella pinacoteca per 80 minuti, per poi svignarsela indisturbati con i capolavori approfittando delle falle nella sorveglianza: la presenza di sole due persone, l’addetta alla biglietteria e una guardia giurata e la disattenzione, «da remoto», sulla mancata accensione dell’allarme.

Hanno il sapore della beffa, poi le righe successive in cui si assicura che «la Centrale è in grado non solo di sapere quando il singolo impianto viene acceso o spento, ma anche di interagire, in via telematica, con l’impianto stesso inserendolo o disinserendolo automaticamente in base a orari programmati». Si sottolinea infine che «la Sala operativa è in grado di effettuare manovre di accensione e spegnimento in qualsiasi momento».

Ieri, intanto, il sindaco Tosi è tornato sui «fatti singolari» accaduti nella serata del 19 novembre, che passerà alla storia per il «furto del secolo». «Negli ultimi 90 giorni Sicuritalia, come da contratto con il Comune, ha sempre inserito gli allarmi di Castelvecchio tra le 19.40 e le 20, come da procedure definite e codificate con la Direzione del museo e in tre mesi l’allarme è stato inserito alle 20.30 poiché si era svolto un convegno, ma tutti ne erano informati». Un’altra «anomalia bella grande», continua il sindaco, «riguarda il fatto che se la rapina fosse avvenuta il 2 novembre, i rapinatori alle 19.35 avrebbero trovato ben sei persone e la guardia giurata e non sarebbe stato facile bloccarle, la stessa cosa è capitata in più occasioni, anche la sera prima... Sono così fortunati a scegliere la sera con un unico dipendente comunale o qualcuno li ha avvisati?».

Enrico Santi

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