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E Renzi trova le compaesane
«Vi porto un bacio in Toscana»

Il premier si ferma a parlare con una ospite di origine toscanaRenzi saluta gli ospiti di Casa SerenaRenzi saluta ospiti e operatori della Pia Opera CiccarelliNon potevano mancare nemmeno a Casa Serena i selfie con Renzi
Il premier si ferma a parlare con una ospite di origine toscanaRenzi saluta gli ospiti di Casa SerenaRenzi saluta ospiti e operatori della Pia Opera CiccarelliNon potevano mancare nemmeno a Casa Serena i selfie con Renzi
Il premier si ferma a parlare con una ospite di origine toscanaRenzi saluta gli ospiti di Casa SerenaRenzi saluta ospiti e operatori della Pia Opera CiccarelliNon potevano mancare nemmeno a Casa Serena i selfie con Renzi
Il premier si ferma a parlare con una ospite di origine toscanaRenzi saluta gli ospiti di Casa SerenaRenzi saluta ospiti e operatori della Pia Opera CiccarelliNon potevano mancare nemmeno a Casa Serena i selfie con Renzi

«Complimenti per il canto eseguito in modo perfetto... Mi raccomando, non bisogna mollare mai». Matteo Renzi entra subito in sintonia con le ospiti che, nel salone al piano terra, lo accolgono con una canzone. «Sono un’ex velista... Vuoi che molli proprio adesso?» le risponde prontamente Una signora. Che si presenta: «Sono Anna Maria».

Due donne dall’accento toscano prendono coraggio e attirano l’attenzione dell’illustre visitatore. Una è originaria di Rignano sull’Arno, il paese in cui l’attuale premier ha vissuto a lungo con la sua famiglia. La seconda è di Pistoia. «Ci vado sempre le porto un bacio a nome suo» le promette abbracciandola.

L’incontro termina con il coro che, dopo aver preso fiato, intona la marcia trionfale dell’Aida. Renzi batte le mani a ritmo. Poi è tutto un susseguirsi di foto e selfie.

A Casa Serena, struttura di proprietà del Comune di Verona e gestita dalla Pia Opera Ciccarelli, il presidente del Consiglio era arrivato alle 14.30, con quasi un’ora e mezza di ritardo a causa del prolungarsi di un precedente appuntamento a Milano. Ad accoglierlo, a San Michele, insieme al prefetto Salvatore Mulas, a don Carlo Vinco, presidente della Fondazione che gestisce la Casa di riposo, alla direttrice Elisabetta Elio e all’assessore al sociale Anna Leso, c’è il sindaco Flavio Tosi con la fascia tricolore. Agli applausi fanno da contraltare insulti e volgarità che partono da una ventina di contestatori radunatisi al cancello. Al termine della visita, intorno alle 15.30, gli uomini della scorta faranno uscire l’auto da un accesso laterale.

La visita dura circa un’ora. Gli anziani ospiti della casa di riposo, un fiore all’occhiello nel panorama assistenziale non solo veronese, sono 210, più una ventina che frequentano il centro diurno. A prendersi cura di loro ci sono 190 operatori.

Accompagnato dai responsabili del centro, Renzi visita i locali al piano terra, i laboratori cognitivi e gli ambienti dove gli ospiti possono dedicarsi ad attività ricreative e artistiche. «È stato un bell’incontro, molto cordiale, e si è parlato di problemi concreti», sorride don Vinco al termine della visita. E racconta: «Il presidente Renzi ha chiesto informazioni dettagliate su tutto, soprattutto si è detto colpito dall’efficienza della nostra organizzazione del lavoro, che prevede orari part-time e ci ha fatto i complimenti. Inoltre», continua il presidente della Pia Opera, «parlando dei rapporti con gli enti, abbiamo sottolineato la nostra disponibilità, come altre case di riposo, a lavorare con il sistema degli ospedali di comunità e dei servizi di riabilitazione, che però è stato bloccato per motivi amministrativi ed economici dopo che era stato approvato dalla Regione. Su questo tema, tra l’altro, Renzi si è mostrato molto attento e ben informato».

Tomas Ambrosi, imprenditore, e componente del Cda per conto del Comune di San Giovanni Lupatoto è protagonista di un siparietto. «L’ho ringraziato perché la mia azienda di macchine per cucire industriali grazie al Jobs act ha raddoppiato il numero di dipendenti, da 17 a 34, e tutti assunti a tempo indeterminato». Pronta la risposta di Renzi: «Meno male che a qualcosa è servito».

Enrico Santi

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