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Ex Tiberghien

Donna muore
nel degrado
stroncata da malore

Mohamed Abdallah è morto in una calda notte di agosto di quattordici anni fa. Aveva 31 anni. È stato accoltellato per uno sgarro di droga da altri due nordafricani in un angolo dimenticato e sudicio...
Uno degli edifici dell’ex Tiberghien che porta evidenti i segni del degrado e dell’incuria
Uno degli edifici dell’ex Tiberghien che porta evidenti i segni del degrado e dell’incuria
Uno degli edifici dell’ex Tiberghien che porta evidenti i segni del degrado e dell’incuria
Uno degli edifici dell’ex Tiberghien che porta evidenti i segni del degrado e dell’incuria

Mohamed Abdallah è morto in una calda notte di agosto di quattordici anni fa. Aveva 31 anni. È stato accoltellato per uno sgarro di droga da altri due nordafricani in un angolo dimenticato e sudicio di Basso Acquar: è stato il primo morto delle ex Cartiere dopo un crescendo di violenze e soprusi. Il primo e non l’ultimo.

Cesar Karabowski nel settembre di 15 anni fa aveva 30 anni. È rimasto asfissiato nell’incendio appiccato per vendetta nel bunker dell’ex stazione delle corriere di piazza Isolo trasformata in dormitorio dei disperati: si era addormentato sul materasso sbagliato al momento sbagliato.

Natalia Oloco aveva 51 anni. È morta per un malore l’altra notte in un ricovero nascosto dell’ex Tiberghien sotto gli occhi di alcuni senzatetto che non hanno potuto far nulla aiutarla. Natalia era moldava e dietro le spalle aveva una storia simile a centinaia di immigrati: partiti con il sogno di una nuova vita sono rimasti, invece, vittime del degrado e dell’abbandono.

Il degrado e l’abbandono possono uccidere. Hanno ucciso Mohamed, Cesar, ma anche Giuseppe e Ivan (anche loro alle ex Cartiere). E ora hanno ucciso Natalia. Non cambia se, stavolta, la violenza, almeno quella fisica, non c’entra.

Nella fabbrica decadente alle porte di San Michele è accaduto quello che si temeva. Prima i senzatetto, poi gli sbandati, poi la droga, poi la prostituzione. Ora c’è scappato anche il morto. Un’escalation macabra e ingovernabile. Basterà per accelerare i tempi del recupero dell’area di San Michele?

I tempi sono cambiati, ma i problemi legati all’integrazione sono quasi gli stessi, forse ancora più pesanti di quindici anni fa. E le analogie con le cartiere sono tante: aree inutilizzate ampie e abbandonate, impossibili da controllare, che diventano ottimo rifugio lontano da occhi indiscreti non solo per chi svolge attività illecite, ma per chi vuole restare invisibile, anche solo per una notte, al resto del mondo. E non è un problema di controlli o meno. Le forze dell’ordine, all’ex Tiberghien, ci vanno: e spesso. I vigili urbani, in particolare, che all’ex Tiberghien hanno investito personale e risorse economiche più volte.

Ma non possono essere sempre e ovunque.

All’ex Tiberghien è iniziata la bonifica del terreno e degli edifici che hanno le coperture in amianto. E intanto si aspetta il via libera al nuovo progetto di riconversione del sito che ora è di proprietà della «Verona 2007». Una procedura che si è resa necessaria dopo che la Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici ha ristretto i vincoli paesaggistici. In sostanza ha ampliato la possibilità di intervento in tutta l’area ad eccezione dell’edificio storico perpendicolare a via Unità d’Italia che comprende la ciminiera e di un altro edificio con travi in ghisa. Il progetto andrà, poi, presentato e valutato in Comune: questa è burocrazia.

Nel frattempo, però, non si può rimanere a guardare. Lo aveva detto chiaramente anche il sindaco Tosi annunciando un’ordinanza nei confronti dei proprietari dell’ex Tiberghien, «ai quali sarà imposto di dotarsi di vigilanza privata, poiché le operazioni di sgombero dell’immobile sono diventate un’attività quasi quotidiana della polizia municipale, che non può certo continuare a supplire alla carenza cronica di sorveglianza da parte della proprietà».

Forse l’ordinanza è già stata emessa, ma evidentemente la vigilanza non è ancora arrivata. Almeno non sempre. Almeno non al punto di impedire a qualcuno di andare a morire nell’ex fiore all’occhiello dell’industria veronese dell’inizio del secolo scorso.

Mohamed, Cesar, Giuseppe e Ivan hanno pagato con la vita. Ora è toccato a Natalia: e queste sono tragedie umane. Che hanno la precedenza sulla burocrazia.R.V.

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