<img height="1" width="1" style="display:none" src="https://www.facebook.com/tr?id=336576148106696&amp;ev=PageView&amp;noscript=1">

Da Chievo all’Agec, ma è nostalgia Ducati

Michele Croce con la compagna Francesca su un Guzzino del 1940Con il numero 45 Michele Croce in gara su Ducati 996 FOTO MARCHIORI
Michele Croce con la compagna Francesca su un Guzzino del 1940Con il numero 45 Michele Croce in gara su Ducati 996 FOTO MARCHIORI
Michele Croce con la compagna Francesca su un Guzzino del 1940Con il numero 45 Michele Croce in gara su Ducati 996 FOTO MARCHIORI
Michele Croce con la compagna Francesca su un Guzzino del 1940Con il numero 45 Michele Croce in gara su Ducati 996 FOTO MARCHIORI

Non si può dire che tenga nascoste le sue passioni: delle quali, anzi, la sua casa è una sorta di «museo». Chi infatti entra nel luminoso appartamento in cui vive, in volto Fontane, a due passi dal Duomo, ha subito almeno due precise indicazioni sui gusti di Michele Croce.

Nelle stanze che il candidato sindaco di Verona Pulita divide con la compagna Francesca, che è anche l’assistente della sua campagna elettorale, appese alle pareti (in «alternanza» con gli affreschi del Duecento e le travi a vista che rendono più caldo l’insieme) scintillano moto e biciclette che hanno segnato alcuni momenti particolarmente felici della sua vita, almeno di quella sportiva. Sostenuto da appositi ganci, ecco un Guzzino del 1940, un pezzo storico a fianco del quale sta invece la Bianchi che dal gancio viene staccata ogni mattina, quando Croce la inforca per recarsi nel suo ufficio di corso Milano. Ma sarebbe sbagliato pensare a questa casa come ad una impeccabile «galleria»: basta un’occhiata al frigo costellato di post-it relativi alle incombenze non tanto lavorative quanto familiari per avere chiaro che non è così.

Quella che vive qui è del resto una «famiglia allargata», con tutte le esigenze del caso. Croce, che è separato, ha tre figli, due gemelli di otto anni e una ragazzina di 11, mentre la sua attuale compagna ha una figlia di 12 anni. E poi ci sono Audrey, la piccola maltese sempre in cerca di coccole, e Ginger, il gatto persiano bianco e rossiccio: questi, in realtà, come ammette Croce stesso, «sono della mia compagna». Ma naturalmente sono stati «adottati» anche da lui. Dunque, il viavai non manca.

«Per essere così tanti in realtà questa casa non è molto grande, ma ci stiamo molto bene», racconta l’ex presidente di Agec (ha coperto l’incarico per poco più di un anno all’inizio della seconda amministrazione Tosi: insediatosi nel luglio 2012, a settembre scoppia il caso delle spese per gli arredi del suo ufficio e a novembre Tosi gli revoca l’incarico. Nel giugno 2013 il Tar gli dà ragione e annulla la revoca).

«Io sono vissuto per trent’anni al Chievo con la mia famiglia», prosegue. «Mio padre era commerciante, aveva una gelateria in corso Milano dove adesso ho il mio studio, mia mamma era casalinga. Siamo due fratelli, io e Andrea, più grande di me (è del ’67) che è il titolare della gelateria Maracanà allo Stadio. Poi quando mi sono sposato sono andato a stare a Santa Lucia con mia moglie. Oggi, qui, siamo davvero quello che si dice una famiglia allargata, e, ci tengo ad aggiungere, felice». E sul fatto che la compagna, con la quale ha una relazione da quattro anni, sia anche la sua assistente, dice che la cosa è «totalizzante, non complicata». Quanto al suo modo di essere papà, ammette: «Per forza di cose non sono un papà fisicamente molto presente: la separazione lo impedisce. Ma quando i miei ragazzi sono con me, sono tutto per loro: stiamo molto bene insieme».

«La moto è da sempre la mia passione: ho corso diverse gare, anche a livello nazionale, fino a quando mi sono infortunato. Quelle competizioni sono state un’esperienza esaltante per me». Appesa alle pareti di casa, vicino alle moto, c’è anche una foto che ritrae Croce nel 2000 a Varano mentre gareggia sulla sua Ducati 996. «Qui sono alla prima curva, e per le succesive tre curve sono rimasto in testa: peccato che alla quarta sono caduto», ammette ironico. «Adesso comunque queste moto, come questa Gilera Giubileo del 1960, sono davvero un souvenir, come le bici d’epoca che colleziono. Sono attratto dalle cose del passato: amo il vintage».

Ma già prima della moto lo sport era nel dna del giovane Croce. «Ho cominciato con la ginnastica artistica, che mi ha davvero formato. Poi ho fatto nuoto, tennis, e ultimamente pugilato. Mi piace provare, cambiare».

E l’Hellas? Il fratello Andrea non appartiene alla tifoseria più «convinta»? «È un tifoso Hellas piuttosto sfegatato, sì. Ma anch’io negli anni ho seguito la squadra in tantissime trasferte, amavo lo spirito goliardico della tifoseria». Curioso detto da un avvocato che per un pelo non ha abbracciato la carriera accademica: una sorta di convivenza tra aulico e curiale per cui, alla Machiavelli, di giorno il candidato di Verona pulita può vestire panni eleganti e la sera ritrovarsi alla briscola del baretto?

«Mi piace conoscere il genere umano in tutta la sua varietà», ammette. «Per dire, mi sono divertito tanto alla corsa dei tori a Pamplona quanto a vedere Shakespeare recitato a Londra in lingua originale».

Un desiderio di sperimentare che gli appartiene fin da quando era uno studente. E che ha determinato le sue scelte di vita. «Ho fatto le elementari e le medie al Chievo, poi ho studiato ragioneria al Don Bosco. E ho capito in fretta che non serviva a un tubo: infatti mi sono diplomato con un voto decisamente scarso, 43. Ma ho avuto una fortuna: il mio preside Benini ci insegnava infatti Diritto con la stessa dolcezza di un carceriere. E nonostante la fatica, mi ha ammaliato, facendomi intuire tutto il fascino del diritto e della giustizia, che sono diventate le mie passioni. Mi sono iscritto a Giurisprudenza e mi sono laureato in tre anni e mezzo con 110 e lode, ho ottenuto una borsa di studio e mi si sono anche aperte le porte del mondo accademico. Ma sono stato cresciuto con due principi fondamentali: il senso del dovere e del lavoro. Il mio obiettivo era di diventare autonomo, a 23 anni volevo essere indipendente e mi sono reso conto che la carriera universitaria non me lo avrebbe permesso. Così ho optato per la professione».

Alessandra Galetto

Suggerimenti