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Crimea, crisi Veneto-Ucraina
E torna la paura per i quadri

Tosi in giugno con Poroshenko a Kiev davanti ai quadri recuperati
Tosi in giugno con Poroshenko a Kiev davanti ai quadri recuperati
Tosi in giugno con Poroshenko a Kiev davanti ai quadri recuperati
Tosi in giugno con Poroshenko a Kiev davanti ai quadri recuperati

Tra Ucraina e Regione Veneto è ormai crisi diplomatica dopo il viaggio in Crimea, area controllata dalla minoranza filorussa, del presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti e del consigliere della lista Zaia Stefano Valdegamberi.

E mentre tra Kiev e Venezia volano accuse e controaccuse, a Verona cresce la preoccupazione che tale guerra di parole possa influire sulla restituzione dei 17 capolavori del museo di Castelvecchio, tuttora «custoditi» nel palazzo presidenziale di Kiev dopo il loro ritrovamento, agli inizi di maggio, in terra ucraina. I quadri furono rubati il 19 novembre 2015 da banditi armati e in segno di riconoscenza il sindaco Flavio Tosi aveva dato la cittadinanza onoraria al presidente Petro Poroshenko. E quest’ultimo, lo scorso 30 settembre, durante i funerali di Shimon Peres a Gerusalemme, aveva assicurato al premier Matteo Renzi che i quadri li porterà personalmente in Italia a novembre, in data da destinarsi.

Al «riconoscimento» della «sovranità della Crimea» da parte di rappresentanti istituzionali veneti, che chiedono la fine delle sanzioni alla Russia, è seguita la durissima protesta dell’ambasciatore di Kiev in Italia, Yevghen Perelygin. Nella sua nota il rappresentante del governo ucraino ha bollato come «vergognosa» tale iniziativa e ha espresso «profonda amarezza» per la «visita di una delegazione di consiglieri regionali italiani nel territorio della Crimea occupata dalla Federazione Russa, che ha avuto luogo negli ultimi giorni nonostante numerosi avvertimenti da parte Ucraina ed Italiana». Una missione, afferma Perelygin, che contrasta con «la normativa internazionale ed ucraina» e con «i princìpi morali» e i «valori comuni europei».

Accuse che Valdegamberi respinge al mittente. «Non capisco», afferma il consigliere regionale veronese al centro della querelle internazionale, «perché l’ambasciatore si ostini nel parlare di occupazione della Crimea da parte dei russi quando la gente di questa regione si è espressa, prima con il voto del Parlamento locale, democraticamente eletto, poi con il referendum popolare in favore della Russia. Trovo assurdo», continua, «che le imprese del nostro Paese debbano pagare le conseguenze di sanzioni che hanno portato all’embargo russo dei nostri prodotti per negare il diritto di un popolo alla propria autodeterminazione». Il consigliere, infine, invita provocatoriamente l’ambasciatore a farsi promotore di un nuovo referendum: «Se gli esiti daranno ragione all’Ucraina io sarò dalla sua parte». E conclude ricordando «la restituzione dei quadri del museo di Castelvecchio». Perché, dice, «i mesi passano...».

A sentire il rappresentante di Kiev, che nella sua nota aveva sottolineato l’irritazione del Governo italiano per l’iniziativa dei consiglieri veneti, non ci dovrebbero però esserci ripercussioni sulla tempistica della restituzione delle preziose tele.

Intanto, il deputato veronese del Pd, Vincenzo D’Arienzo, lancia un appello ad entrambe le parti in causa: «Ricordo a quanti si improvvisano diplomatici che la politica estera la fa solo il Governo di Roma, che deve tener conto anche della sua collocazione internazionale, per cui quando i rappresentanti di una regione importante come il Veneto si muovono fuori dai confini dello Stato, lo devono fare in linea con il Governo nazionale perché L’Italia è una sola e all’estero è rappresentata dal suo Governo...». E, dall’altra parte, D’Arienzo, invita il Governo ucraino «a non dare troppo peso» all’iniziativa di Valdegamberi e Ciambetti. «Soprattutto», ironizza, «se ci troviamo davanti a una delegazione formata da tali persone...».

Enrico Santi

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