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«Così non si va avanti»
«Via chi non ha diritto»

Che abbiano fatto o meno dell’emergenza sicurezza il loro vessillo in campagna elettorale, il tema dell’accoglienza ai profughi è uno dei più caldi su cui, giocoforza, si giocherà la partita delle prossime Amministrative per i nove candidati sindaco. E basta il nuovo bando della prefettura per l’affidamento del servizio di accoglienza per riaprire il dibattito.

Porte aperte solo a chi ottiene lo status di rifugiato, dietrofront per gli altri: la pensa così Federico Sboarina, candidato del centrodestra: «Va accolto nella nostra città solo chi ha diritto di restarci, i rifugiati veri, che sono il 3 per cento. Gli altri sono clandestini e vanno rimpatriati», chiarisce. «L’ha ribadito anche una sentenza della Cassazione: i migranti devono conformarsi ai nostri valori, alle nostre leggi, alla nostra cultura. Chi non lo fa, deve andarsene. E se il 97 per cento dei richiedenti fosse davvero rimpatriato, non esisterebbe più il problema».

Anche per Patrizia Bisinella, candidata di area tosiana, chi non ha titolo per restare dovrebbe essere allontanato. La priorità, quindi, è «ridurre i tempi delle pratiche per il riconoscimento dello status di rifugiato». Il ministro dell’Interno Minniti aveva promesso uno snellimento, «ma dalle parole non si è passati ai fatti». E aggiunge: «I migranti accolti dovrebbero ripagare l’ospitalità con lavori socialmente utili, che dovrebbero diventare un obbligo di legge. Il problema resta il numero degli arrivi».

Anche il M5S, attraverso il suo candidato Alessandro Gennari, propone una soluzione per dare un taglio ai tempi (quasi due anni) che le commissioni prefettizie impiegano per definire lo status di rifugiato: «Assumere 15mila persone nelle prefetture: verrebbero ripagate dal risparmio giornaliero della diaria prevista per ogni persona accolta. Da parte mia, mi impegno a intavolare col prefetto una serie di progetti per l’impiego di queste persone in lavori socialmente utili».

Per Orietta Salemi, candidata del Pd, la soluzione «per una gestione razionale dell’emergenza profughi e che, nel contempo, tuteli la dignità umana è l’accoglienza diffusa e capillare, sul modello di quella attuata dalla Caritas». Piccoli nuclei, insomma, anziché grandi numeri che potrebbero diventare un problema per la sicurezza.

Cita la Caritas anche Filippo Grigolini (Popolo della Famiglia): «Questo modello, che consente l’integrazione di poche unità a cui viene insegnata la lingua e una professione, è decisamente vincente», dice. «I grossi centri come Costagrande, invece, dove sono chiusi in centinaia, cristiani e musulmani, francofoni e anglofoni, sono un’umiliazione».

Per Michele Bertucco (Piazza Pulita), d’accordo su una presenza diffusa dei profughi sul territorio, «è sbagliato che molti Comuni (65 su 98, ndr) non aderiscano allo Sprar: questo eviterebbe», afferma, «la speculazione economica di alcuni privati».

Opposta l’opinione di Michele Croce (Verona Pulita). Categorico il suo no allo Sprar: «La gestione dei profughi è un problema creato dallo stato che così tenta di addossarlo ai sindaci», spiega. E aggiunge: «Io vorrei un registro telematico degli ospiti dei centri di accoglienza, per sapere chi entra, chi esce e che lezioni frequenta. Chi non rispetta le regole, al terzo richiamo è fuori».

Alza gli scudi Marco Giorlo (Tutto Cambia): «Come si fa a dire accoglienza quando l’emergenza è senza fine? I nostri giovani non trovano lavoro e noi ospitiamo centinaia di ragazzi dai 18 ai 30 anni? L’Italia vive una crisi drammatica, l’Europa non può lasciarla sola a risolvere il problema. E nemmeno la politica nazionale: cosa accadrebbe al turismo se anziché nelle periferie i profughi fossero ospitati negli hotel dei centri storici?».

«Bloccare le partenze alla fonte», infine, è il mantra di Roberto Bussinello (CasaPound). «Va impedito l’ingresso ai clandestini sul territorio, senza se e senza ma: è un’invasione che limita la sicurezza dei cittadini e impoverisce i veronesi».

Elisa Pasetto

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