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Quadri rubati, le rivelazioni

Castelvecchio
Il colpo rimandato
per le troppe auto

Nel parcheggio c’era solo l’auto del custode
Nel parcheggio c’era solo l’auto del custode
Nel parcheggio c’era solo l’auto del custode
Nel parcheggio c’era solo l’auto del custode

 

Il furto avrebbe dovuto essere messo a segno il 18 novembre, ma quella sera nel cortile di Castelvecchio erano parcheggiate alcune auto e quindi è slittato alla sera dopo. E ancora: chi aveva organizzato la razzia non aveva previsto la presenza di altro personale all’infuori della guardia giurata, Francesco Silvestri, che avrebbe finto di essere stato aggredito.

Questo a sostegno della tesi che nella programmazione della sparizione delle 17 tele non avrebbe dovuto essere usata la violenza. E, per delineare o comunque ridimensionare il ruolo di Pasquale Ricciardi Silvestri, gli avvocati Mirko Zambaldo e Teresa Bruno, hanno formulato una serie di ipotesi alternative. Tabulati e dichiarazioni rese da indagati e testimoni alla mano.

Il 18 novembre il colpo sfumò perché c’erano auto di persone che stavano partecipando ad un incontro, la sera dopo i tre moldavi (Vasile Mihailov, Igor Creciun e Sergiu Vasilachi) attesero che i guardiani finissero il servizio, vedendo Silvestri solo in ingresso entrarono ma si trovarono davanti la cassiera: si era assentata per andare in bagno, e questo «imprevisto» modificò tutto. Anche il titolo di reato, e invece che un furto milionario quella di Castelvecchio si trasformò in rapina a mano armata.

Una ricostruzione che troverebbe fondamento in tutti gli elementi che precedettero il colpo, dal fatto che Burlac senior avesse parlato di un solo quadro e di un compratore ma poi i tre portarono via altri 16 dipinti. Questo per le difese non faceva parte degli iniziali «accordi» tra Silvestri Ricciardi e il moldavo che conobbe a casa dell’amica della compagna. «Si trattava dell’esecuzione di una facoltosa committenza dell’Est Europa, la razzia è stata frutto di una scelta estemporanea al momento dell’ingresso», sostengono i legali. E sulla base di ciò il gemello della guardia giurata avrebbe il ruolo di fiancheggiatore, non di ideatore e organizzatore.

Ognuno per l’accusa ha avuto un compito. Collaborativo o organizzativo ma comunque un ruolo e in virtù di questo le richieste di condanna formulate dal pm Gennaro Ottaviano sono state differenti. Ieri, uno dopo l’altro, hanno concluso i legali dei quattro imputati che davanti al giudice dell’udienza preliminare Luciano Gorra hanno chiesto di essere processati con rito abbreviato.

Posizioni più o meno defilate quelle di Victor Potinga e Damian Damaschin (entrambi difesi da Emanuele Luppi e Gianfranco Manuali), rispettivamente il proprietario del furgone che trasportò parte delle tele da Verona a Brescia la sera del colpo al museo, il 19 novembre, e il giovane che custodì le opere in casa sua. Per quest’ultimo, accusato di ricettazione, è stata concordata la pena con il pm: 3 anni e 4 mesi. Ieri le difese, tabulati alla mano, hanno cercato di ridimensionare il ruolo di Potinga (il pm ha chiesto 5 anni), ribadito che quel giorno fece un favore a Mihailov perchè è un amico del nipote. Gli aveva chiesto di fare un trasporto ma di certo non sapeva che quel carico era stato poco prima portato via, con l’uso delle armi, dal museo di Castelvecchio. E comunque che quando la Clio di Mihailov viene ripresa in transito sulla regionale 11 Potinga si trova già a Brescia, smentendo quindi la circostanza che vi fosse una sorta di staffetta.

Le posizioni di Francesco Silvestri (difesa Massimiliano Ferri e Stefano Poli) e quella di Svitlana Tkachuk (Marzia Rossignoli il suo legale) sono legate a quella di Ricciardi Silvestri: fu lui a parlare con Burlac padre e a pensare di prospettare al fratello la «finta rapina» in vista di un miglioramento sensibile delle loro condizioni economiche. Quella che doveva essere una finzione in realtà è diventata qualcosa di diverso e più grosso di loro: per Silvestri il pm ha chiesto 10 anni, per il gemello 12 anni e 4 mesi e per la compagna di quest’ultimo sei anni due mesi e 20 giorni. Udienza rinviata per repliche ai primi di dicembre.

Fabiana Marcolini

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