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I capolavori trafugati

Castelvecchio,
spuntano i video
del colpo al museo

I rapinatori ripresi dalle telecamere
I rapinatori ripresi dalle telecamere
I rapinatori ripresi dalle telecamere
I rapinatori ripresi dalle telecamere

Al caso non hanno lasciato proprio nulla. Tutt’altro che dilettanti o sprovveduti. Hanno pianificato ogni cosa, calcolato tempi ed evitato imprevisti. Il tutto con una naturalezza impressionante, al punto che alle 19.30 hanno invitato i visitatori che si stavano attardando ad uscire dal cortile di Castelvecchio. Primo particolare.

Organizzato in ogni particolare, come abbiamo visto fare al cinema dai ladri di «Ocean», anche se molto meno tecnologico, il colpo milionario al Museo con il passare delle ore e con la ricomposizione dei tasselli mancanti assume le caratteristiche di un lavoro portato a termine con meticolosità. E frutto, sicuramente, di un servizio di osservazione scrupoloso: sapevano tutto, anche che il guardiano, varcato il cancello, parcheggia la macchina nel cortile. Secondo particolare.

Probabilmente per giorni hanno osservato quei movimenti che, nelle professioni scandite da orari e modalità precise, diventano ripetitivi. Chi avrebbe mai pensato che qualcuno potesse violare le stanze della pinacoteca e staccare i capolavori non protetti nemmeno da sensori a parete ma solo da un allarme volumetrico che viene inserito dall’unico guardiano che poi resta tutta la notte una volta che i visitatori se ne sono andati? I tesori erano da anni lì, così. Terzo particolare.

Considerazioni, queste, che sono alcuni dei punti fermi dell’indagine «ripresa in mano» dal sostituto Gennaro Ottaviano - dopo circa 12 ore di buco per un difetto di comunicazione al pm - e attorno ai quali si confronta quotidianamente, e più volte al giorno, un pool investigativo di tutto rispetto. Quello composto, oltre che da funzionari della Mobile scaligera, da ufficiali e carabinieri del Nucleo di tutela del patrimonio artistico di Venezia e di Roma e, da sabato, anche da agenti dello Sco, il reparto investigativo della polizia che si occupa di criminalità organizzata. Il pm ha disposto l’acquisizione dei documenti riguardanti il contratto tra Comune e Sicuritalia, interessato ad esaminare le modalità di svolgimento del servizio. Perchè chiudere una delle tante falle significa capire come mai la sede operativa, non riscontrando l’inserimento dell’allarme alle 20, non abbia verificato subito l’anomali ma solo un’ora dopo. Il pm vaglierà anche i termini dell’accordo (in relazione all’orario di entrata in funzione del sistema antitrusione).

«SIGNORI, SI CHIUDE». È forse il particolare drammaticamente più curioso dell’intera vicenda, il primo fotogramma del cortometraggio criminale che poi andrà in scena per circa un’ora dentro e fuori Castelvecchio. È anche il particolare sul quale il pm Ottaviano ha incentrato l’attenzione perchè i tre banditi per tutto il tempo in cui sono rimasti a contatto con il guardiano e la cassiera del museo non hanno mai parlato. «Stiamo cercando qualcuno che giovedì alle 19.30 è stato invitato ad uscire dal cancello», si limita a dire il magistrato. «Forse erano turisti, speriamo non solo stranieri, che quell’ora sono stati avvicinati proprio da uno dei tre banditi che fingeva di essere uno del personale. Ci interessa capire se parlava con qualche accento particolare». E chiede che chi si trovava giovedì sera in Castelvecchio si metta in comunicazione con la procura o con la questura.

LA RICOSTRUZIONE. Sulla ricostruzione dei momenti precedenti all’ingresso a mano armata in biglietteria al momento vige il più stretto riserbo, ma quel che è comunque un dato quasi certo è che giovedì i tre rapinatori si trovavano nelle vicinanze del museo e probabilmente si erano mescolati ai visitatori durante l’orario di apertura. Nel video trasmesso ieri sera dal Tg1 - ed estrapolato da uno dei filmati ripresi dalle telecamere - si nota l’abbigliamento decisamente comune, uno in abiti scuri, l’altro con jeans e un giubbino, entrambi mascherati. Tornando ai momenti che precedono il colpo, vedono arrivare il guardiano che parcheggia la station wagon a ridosso del muro di cinta, attendono fino a poco prima delle 19.30 (prima il ruolo di «guardiano abusivo» sarebbe stato più evidente) e quando gli ultimi visitatori si attardano li invitano ad uscire. E chiudono il cancello. Poi entrano dall’uscita (non ancora chiusa) e arrivano nell’ingresso. Il guardiano è di fronte alla scaffalatura, a fianco c’è la cassiera, il primo che entra punta contro i due la pistola, li getta a terra e in pochi secondi entrambi vengono immobilizzati e legati: sono le 19.38. Dapprima uno vicino all’altro, prendono la chiave che apre le sale e salgono al primo piano. Poco dopo al guardiano viene tolta la corda che gli blocca le gambe e portato nella Galleria dei dipinti. Non avrebbe assistito allo smontaggio delle tele, non è chiaro perchè lo abbiano fatto salire (i tre malviventi sapevano esattamente cosa prendere) ma probabilmente lo hanno semplicemente allontanato dalla cassiera: sapevano di non averla legata troppo stretta. E gli prendono le chiavi dell’auto.

Veloci e capaci, staccano quadri e pale, uno di loro sposta la station wagon vicino all’ingresso del museo e caricano i capolavori nel portabagagli. Un lavoro che dura pochi minuti ma i tre uomini sono visibili dalla strada. Una volta terminato riaprono il cancello ed escono senza difficoltà: manca poco alle 20.30, ora di cena e poche persone per strada. Ma forse qualcuno ha notato qualcosa.

Fabiana Marcolini

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